11.10.07

Due pupazzi



L'HA DETTO col cuore, si capisce. Ha detto che quando uno va in Sicilia si deprime subito, già quando arriva all'aeroporto: se per esempio un viaggiatore giapponese sedicenne o un turista veronese con l'Alzheimer non avessero a mente che in Sicilia c'è la mafia ecco quella targa, appena arrivato, a ricordarglielo. "Aeroporto Falcone-Borsellino". Che disastro, "che immagine negativa trasmettiamo subito col nome dell'aeroporto", ha commentato il presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Micciché, di Forza Italia.

Uomo ottimista e positivo che associa all'isola, piuttosto, il pensiero del latte di mandorle e dei fichi d'India oltre che quello dei milioni di voti con cui è stato eletto, recordman di preferenze e artefice del celebre 61 a 0, tutti voti antimafia fino all'ultimo, va da sé. Poi, quando Maria Falcone sorella del magistrato ucciso, una donna che da anni passa le mattine nelle scuole dell'isola a parlare ai ragazzi di legalità, gli ha fatto con fermezza notare che l'aeroporto non è intitolato a Riina o a Provenzano "ma a due eroi italiani che credevano nel riscatto della nostra terra combattendo le cosche" persino Micciché si è reso conto. Si è scusato della "frase infelice", l'ha "ritirata".

Una frase, però, non si può ritirare e rimettere in tasca come fosse un pizzino: quanto è detta è detta. In pubblico, davanti a molte persone: è detta. Si può semmai spiegare anche se serve a poco, di solito anzi peggiora. Che Micciché trovi negativo "per l'immagine della Sicilia" vedere scritto il nome di Falcone ogni volta che atterra a Palermo si può capire, mettendosi nei suoi panni. Che noia, questa lagna della mafia. Che freno allo sviluppo e al giulivo rincorrersi di innamorati sulle spiagge, al turismo e agli investimenti nelle cliniche private, per dire, ma anche a quel che Bill Gates potrebbe fare per l'isola portando centri di ricerca Sicilia e invece niente, vede la targa all'aeroporto e si spaventa. Così ecco la soluzione: cancellare i nomi di chi in quella guerra ci è morto.

Niente nomi niente guerra. Niente targhe niente mafia. Delete, come al computer. La memoria è labile, alimentiamola piuttosto di feste folkloristiche in costume, carretti dipinti e processioni di madonne. E' uno di quei pensieri si suppongono diffusi per quanto indicibili. Tocca smentirle ma sotto sotto chissà quanti la pensano così. Portiamo a Roma le mogli così i parlamentari non hanno bisogno di servirsi delle prostitute. Affondiamo i barconi degli immigrati prima che sbarchino. La mafia è inevitabile, bisogna imparare a conviverci. Una frase di queste: le dicono leader di partito e ministri ma poi ritrattano, correggono, ritirano l'irritirabile.

Tante scuse, baciamo le mani, niente di grave. Micciché, che deve la sua fortuna politica all'amicizia con Dell'Utri incontrato una sera a cena a Milano (erano insieme al Toulà, l'importante è farsi trovare al posto giusto dalla persona giusta) è passato indenne da altre tempeste. Figuriamoci se può dimettersi, come ora gli chiede l'opposizione, per due parole dal sen fuggite. Ha da fare, in questi giorni. Venerdì comincia il convegno "Giovane azzurro e siciliano: orgoglioso di esserlo": sarà sul palco. L'orgoglio isolano, questo bisogna alimentare. Le parole se le porta il vento.

Del resto in Sicilia, ha spiegato lui una volta, "bisogna interpretare parole e riti, andare al di là delle apparenze". Uno ti dice: andiamo a prendere un caffè? "L'unica cosa certa è che non ha davvero voglia di un caffè. Forse ha voglia di fare due passi, o di farsi vedere in piazza con te, o vuole ammirare il seno della commessa". Ecco, il seno della commessa, senz'altro quello.

CUFFARo invece è occupato a difendersi: -'L'attivita' di Cuffaro e' stata diretta specificamente all'agevolazione dell'associazione mafiosa'. Lo ha detto ieri al processo il pm Maurizio De Lucia. Il pm ha illustrato in aula, durante la requisitoria del processo in cui e' imputato il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, i profili giuridici dei reati di concorso in associazione mafiosa e di favoreggiamento aggravato dall'articolo 7, che configura l'aver agito nell'interesse di Cosa nostra.

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