3.4.08

Concimi, sostanze cancerogene, acqua, zucchero, acido muriatico e solo un quinto di mosto.Con questo miscuglio sono stati prodotti 70 milioni di litri

Di vino ne contengono poco: un terzo al massimo, spesso di meno. Il resto è un miscuglio micidiale: una pozione di acqua, sostanze chimiche, concimi, fertilizzanti e persino una spruzzata di acido muriatico. Veleni a effetto lento: all'inizio non fanno male e ingannano i controlli, poi nell'organismo con il tempo si trasformano in killer cancerogeni.

Secondo i magistrati di due procure e la task force che da sei mesi indagano sulla vicenda, questo cocktail infernale è il protagonista della più grande sofisticazione alimentare mai scoperta in Italia. Perché con la miscela tossica sono state confezionate quantità mostruose di vino. Gli inquirenti ritengono che si tratti di almeno 700 mila ettolitri: sì, 70 milioni di litri messi in vendita nei negozi e nei supermercati come vino a basso costo anche dai marchi più pubblicizzati del settore. Un distillato criminale che ha riempito circa 40 milioni di bottiglie, fiaschi e confezioni di tetrapack d'ogni volume, offerte a un prezzo modestissimo: da 70 centesimi a 2 euro al litro.

L'inchiesta è tutt'ora in corso: solo una parte dei prodotti pirata è stata sequestrata perché è impossibile rintracciare tutte le bottiglie. Ma gli elementi raccolti dagli investigatori mostrano un sistema industriale di contraffazione che nasce dalla criminalità organizzata e alimenta le grandi cantine: le aziende coinvolte nello scandalo sono già 20. Otto si trovano al Nord: in provincia di Brescia, Cuneo, Alessandria, Bologna, Modena, Verona, Perugia. Il resto invece è sparso tra Puglia e Sicilia: le sorgenti del vino contraffatto e dei documenti che gli hanno permesso di invadere le botti. Perché con questo sistema criminale i produttori riuscivano a risparmiare anche il 90 per cento: una cisterna da 300 ettolitri costava 1.300 euro, un decimo del prezzo normalmente chiesto dai grossisti del vino di bassa qualità.


Retrogusto al metanolo L'istruttoria è nata partendo da uno dei soliti sospetti: una cantina di Veronella che 22 anni fa venne coinvolta dal dramma delle bottiglie al metanolo. Ricordate? Diciannove persone uccise mentre altre 15 persero la vista per colpa del mix a base di mosto e di un alcol sintetico, normalmente utilizzato nelle fabbriche di vernici: un liquido inodore e micidiale. Una tragedia che cancellò la credibilità della nostra enologia e stroncò l'export. Ma nello stabilimento di Bruno Castagna anche quella lezione sembra dimenticata. Quando nello scorso settembre scatta l'irruzione, gli agenti del Corpo forestale di Asiago e dell'Ispettorato centrale per il controllo dei prodotti agroalimentari trovano subito una situazione anomala: accanto alle cisterne c'erano taniche piene di acido cloridrico, altre con acido solforico e 60 chili di zucchero. Gli ispettori mettono tutto sotto sequestro e fanno esaminare campioni di vino bianco e rosso per capire cosa contengano. I test condotti nell'Istituto agrario di San Michele all'Adige e nel laboratorio di Conegliano Veneto dell'Ispettorato centrale forniscono lo stesso verdetto choc: in quel liquido di uva ce n'è circa un quinto, il minimo indispensabile per dare un po' di sapore. I test sono concordi: tra il 20 e il 40 per cento, non di più. E il resto? Acqua, concimi, fertilizzanti, zucchero, acidi. Sì, acidi: usati per mimetizzare lo zucchero vietato per legge. L'acido cloridrico e l'acido solforico vengono utilizzati per 'rompere' la molecola dello zucchero proibito (il saccarosio) e trasformarlo in glucosio e fruttosio, legali e normalmente presenti nell'uva. Un metodo che consente così di sfuggire ai controlli. Risultato: da una normale analisi non emergerà la contraffazione. I due acidi, assieme alle altre sostanze cancerogene, non uccidono subito, ma lo fanno progressivamente, in modo subdolo. L'acido cloridrico, comunemente chiamato acido muriatico, può provocare profonde ustioni se finisce sulla pelle, se ingerito è devastante.

A Veronella uno degli investigatori è svenuto per i vapori e sono stati chiamati i pompieri per rimuovere le scorte. Il titolare della cantina è stato arrestato per il reato di sofisticazione alimentare con pericolo della salute pubblica: di quel liquido ad alto rischio ne avevano ancora migliaia di litri. Ma il fascicolo aperto dal pubblico ministero di Verona Francesco Rombaldoni poco alla volta si è gonfiato di reati pesantissimi: l'associazione a delinquere per gli imprenditori vinicoli del Nord. Che diventa addirittura associazione mafiosa per i loro referenti meridionali.

5 commenti:

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Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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