4.9.07

Il danno da vacanza rovinata.


La rilevanza economica, sociale e culturale che ha assunto il turismo negli ultimi anni ha direttamente implicato un aumento considerevole del contenzioso relativo ai contratti di viaggio, e una conseguente casistica giurisprudenziale in merito al risarcimento del cosiddetto danno da vacanza rovinata. La materia relativa ai contratti di viaggio e' stata inizialmente disciplinata con la l. 27 dicembre 1977 n. 1084 di ratifica della Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 (Convenzione sul contratto di viaggio-CCV). A tale normativa, ha poi fatto seguito il d. lgs. 17 marzo 1995 n. 111, attuazione della direttiva CEE n. 90/314. Infine il tutto e' stato inglobato nel Codice al consumo, che prevede un'apposita sezione dedicata alla materia dei servizi turistici.

Nessuna di queste leggi ha pero' previsto espressamente la risarcibilita' del c.d. "danno da vacanza rovinata", ossia del danno conseguente alla perdita delle vacanze, o meglio del danno patito per non avere goduto (o per avere goduto meno) della vacanza "promessa" dall'organizzatore del viaggio. Questo tipo di pregiudizio e', nella quasi totalita' dei casi, originato da una inadempienza contrattuale del tour operator e/o agenzia di viaggio, e deriva di norma da carenze organizzative, servizi offerti e non mantenuti. Questi alcuni episodi che hanno originato pronunce giudiziarie di risarcimento del danno da vacanza rovinata:

- annullamento del viaggio;
- la non corrispondenza fra quanto previsto nel depliant pubblicitario delle sistemazioni logistiche, e quanto invece, da riproduzioni fotografiche e dalle testimonianze risulta esser stata la situazione di fatto offerta ai turisti;
- lontananza dal mare, bassa qualita' di cibo, rumori, lavori in corso, mancanza di balconi, finestre, non funzionamento dell'automobile presa in locazione, tumulti e sollevazioni popolari, servizi confacenti il proprio stato di handicappato se pattuiti;
- smarrimento del bagaglio da parte del vettore aereo, nei limiti risarcitori previsti dalla Convenzione di Montreal;

Ma in cosa consiste esattamente il danno "da vacanza rovinata"? E' un danno patrimoniale, non patrimoniale o morale? Cosa ha a che vedere con il danno biologico? E con quello cosiddetto esistenziale o danno alla vita di relazione?

La questione ha subito una evoluzione giurisprudenziale notevole negli ultimi anni. Innanzitutto merita chiarire che cio' che si vuole risarcire con la previsione di un tale tipo di danno e' il disagio creato dall'inadempienza contrattuale a chi cercava una occasione di svago alla stressante vita moderna ed ha invece ulteriormente visto aumentare -a causa di tale inadempimento- il proprio stato di malessere. Piu' in generale, il pregiudizio risentito dal fruitore del servizio turistico per non avere goduto appieno del viaggio organizzato, a causa dei numerosi disagi di cui e' stato vittima. Quindi un danno che appare -nella sostanza- chiaramente non patrimoniale.
Nel nostro ordinamento il risarcimento del danno non patrimoniale e' limitata alle sole conseguenze civili degli illeciti penali, come previsto all'art. 2059 del codice civile. Per lungo tempo, nel nostro Paese, la giurisprudenza ha negato la risarcibilita' del c.d. danno da vacanza rovinata, interpretando restrittivamente questa disposizione.

In altri Paesi, invece, e' da tempo ammessa la risarcibilita': negli Stati Uniti si riconosce al viaggiatore il risarcimento del danno per l'"emotional distress" derivante da disagi ed afflizioni causati dall'inadempimento dell'operatore turistico. Nel Regno Unito ugualmente la giurisprudenza assicura il ristoro del pregiudizio non patrimoniale. In Germania la risarcibilita' e' assicurata addirittura normativamente per effetto della disciplina sul contratto di viaggio, che attribuisce al turista il diritto di ottenere un adeguato risarcimento "per il tempo di vacanza inutilmente speso".
Questa limitazione e' stata progressivamente superata dalla giurisprudenza che ha utilizzato vari istituti normativi paralleli al danno non patrimoniale vero e proprio, in modo da dare tutela e ristoro proprio anche al di la' dell'illecito penale. In alcuni casi si e' infatti ricorso alla categoria del danno biologico ossia al pregiudizio alla salute e all'integrita' psico-fisica (categoria a se' rispetto sia al danno patrimoniale che al danno non patrimoniale); in altri si e' ricorso all'art. 13 comma 1 della Convenzione di Bruxelles del 1970 sul Contratto di viaggio- CCV, che stabilisce che l'organizzatore di viaggi e' responsabile per "qualunque pregiudizio" subito dal viaggiatore a causa dell'inadempimento degli obblighi di organizzazione; si e' infine ricorso alla categoria del danno esistenziale risarcibile per il fatto di tangere interessi costituzionalmente protetti della persona.
Cio' risponde all'esigenza di superare una concezione meramente patrimonialistica del danno, costruita sul valore economico dei beni del danneggiato, per giungere ad una idea di patrimonialita' piu' ampia, in quanto il prototipo del danno non va piu' identificato nella lesione di beni del patrimonio, bensi' nel complesso di utilita' delle quali puo' fruire la persona.

Ad oggi pare ormai indubbia e assodata la possibilita' di ottenere il risarcimento del danno da vacanza rovinata a prescindere dalle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli subite, anche grazie all'intervento della Corte di Giustizia delle Comunita' Europee che ha, con sentenza del 12 marzo 2002, ha ritenuto che lo stesso trovi fondamento giuridico direttamente dalla normativa comunitaria. Il danno potra' esser liquidato in via equitativa dal giudice che dovra' valutare la vicenda, laddove sia impossibile (come del resto tutti i pregiudizi di natura morale, spirituale ed esistenziale) quantificarlo altrimenti. Lo stesso andra' comunque provato dagli attori, seppur in via presuntiva o per testimoni.

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