24.6.08

Cannabis e psicosi

Cannabis e Psicosi


Sulla rivista "ADDICTION" è uscito un nuovo studio che sembra confermare i rapporti tra cannabis e disturbi psicotici. Praticamente, nei giovani che diventano regolari utilizzatori di cannabis, assumendola quotidianamente, i tassi di psicosi sono superiori del 150% rispetto a chi non ne fa alcun uso. Si tratta di uno studio sufficientemente ampio che ha riguardato 1055 persone nate nel 1977 che sono state monitorate per 25 anni nell'ambito di una indagine di Sanità Pubblica in Nuova Zelanda. ''La direzione predominante di causalita' sembra comportare un percorso dall'uso di cannabis ai sintomi psicotici, causati da mutamenti chimici nel cervello, piuttosto che un percorso dai sintomi psicotici all'uso di cannabis'', ha sostenuto il Prof. David Fergusson, responsabile dell'equipe dell'Università di Otago (Fonte ANSA) che ha condotto l'indagine. Nella ricerca si è prestata particolare attenzione, infatti, alla possibilità che potesse essere la malattia mentale ad aumentare l'uso di cannabis e non viceversa come, invece, sembrerebbe dimostrato da questo studio. E' possibile, pertanto, che, in individui suscettibili, l'uso continuativo di cannabis porti alla psicosi.
Già nel 2004 avevo segnalato che uno studio pubblicato su The American Journal of Psychiatry (Am J Psychiatry 161:501-506, March 2004) riferiva di una forte associazione tra l'uso di cannabis ed una età più precoce (in media 6.9 anni prima dei non consumatori di cannabis) per l'insorgenza del primo episodio psicotico in pazienti maschi affetti da schizofrenia. Gli autori suggerivano la necessità di ulteriori studi per esaminare questa possibile relazione causale. Nel 2002 il British Medical Journal del 23 novembre aveva pubblicato, invece, alcuni studi (uno di questi aveva seguito 50.000 persone per 15 anni) che mostravano un legame inquietante tra l'uso di cannabis (non di altre droghe !) e l'insorgere di disturbi schizofrenici. Allora concludevo "mi sembra che esistano, ormai, alcuni elementi oggettivi che dovrebbero suggerire una maggior prudenza in chi tende a considerare i derivati della canapa come sostanze pressoché innocue".


Per anni chi si è occupato di prevenzione, terapia e riabilitazione dei tossicomani ha considerato i derivati della canapa delle "droghe minori". D'altra parte, mentre era in corso l'epidemia di eroina, tra dipendenze gravi che condizionavano la vita di intere famiglie, morti per overdose e diffusione dell'HIV ... il farsi le canne pareva il minore dei mali. La questione dell'uso dei cannabinoidi, tra l'altro, era sempre stata affrontata nel peggiore dei modi trasformandola, soprattutto, in una questione "politica". Di fatto, sostenere che le droghe "siano tutte uguali" equiparando "droghe leggere" e "droghe pesanti", oppure schierarsi dalla parte opposta, facendo delle differenze, presuppone uno schieramento più politico che scientifico.
Anche oggi vi sono illustri ricercatori, clinici ed educatori che mantengono una posizione molto indulgente rispetto a droghe che, comunemente, continuano ad essere considerate "leggere" ma la loro opera, anche di tipo divulgativo, è ancora basata su criteri scientifici? Qualcosa, infatti, non quadra, soprattutto da quando abbiamo sempre più dati che ci permetterebbero di affrontare la situazione in modo differente. In Europa, ad esempio, la domanda per trattamenti conseguenti all'uso di cannabis è in crescita. Perché? Anche l'Osservatorio Europeo di Lisbona se lo sta chiedendo. In Olanda, un Paese che storicamente ha mantenuto una posizione molto “laica” sulle questione, i trattamenti per uso di cannabis dal 2002 al 2003 sono aumentati del 21%. E' chiaro che si richiedono cure quando si sta male ma ... perché chiederle per sostanze che si continuano a considerare "leggere" e, in fondo, innocue? Ma c'è un'altra questione che mi preoccupa. La maggior parte delle persone che conosciamo come consumatori di droghe sono quelle che si rivolgono ai Servizi di cura. La stragrande maggioranza di questi soggetti sono (e, spesso, sono stati) anche buoni consumatori di cannabinoidi. I Servizi per le tossicodipendenze, tuttavia, nella loro storia, si sono occupati di prendersi cura e di curare soprattutto in riferimento a quelle che ritenevano le sostanze primarie di abuso, con particolare riguardo per l'eroina. Gli Operatori, gradualmente, hanno compreso come disturbi psichici di una certa gravità affliggessero diversi pazienti. Per quale causa? Tralasciando quella parte di soggetti definibili primariamente come malati psichici, si è pensato che la causa principale dei disturbi risiedesse principalmente nell'uso di droghe psicostimolanti, prima di tutto la cocaina, che, sempre più spesso, veniva usata anche dagli eroinomani trattati con oppiacei sostitutivi. Ma quello che andava costruendosi era un quadro realistico della situazione?


Se dovessimo dar ragione alla ricerca Neo Zelandese e ad altri studi la realtà potrebbe essere diversa, almeno per una consistente fetta di pazienti. Una delle cause principali di disturbi psicotici sarebbe collegabile all'uso di cannabis. Chi conosce cosa significa psicosi sa anche che questa sindrome racchiude molti sintomi di tipo psichiatrico che hanno significato di per sé (ansia, depressione, disturbi del sonno, difficoltà di relazione ecc.). Questi disturbi potrebbero rimanere sotto-diagnosticati nelle forme più lievi oppure nella concomitanza di assunzione di droghe "sedative" e, in un certo senso, ansiolitiche, come l'eroina o i suoi farmaci sostitutivi. Si renderebbero però maggiormente evidenti, anche allo stesso paziente, al momento della sospensione dell'uso di eroina o del farmaco sostitutivo oppure, ancora, potrebbero amplificarsi nel momento dell'assunzione sostanze psicostimolanti. Il tutto, naturalmente, in soggetti predisposti. Ma quanti potrebbero essere questi soggetti considerando non solo le forme di vera e propria psicosi ma anche, eventualmente, disturbi psichiatrici isolati non raggruppabili in sindromi di tale gravità? Insomma continuare ad assumere i "trascurati" cannabinoidi potrebbe essere una concausa importante non solo di psicosi ma anche della necessità di continuare in modo indefinito nel tempo i trattamenti sostitutivi, o i trattamenti psicofarmacologici iniziati conseguentemente all'uso di altri tipi di sostanze considerate primarie. Allo stesso modo potrebbe essere una importante concausa di ricaduta per soggetti che, una volta cessato l'uso della sostanza di abuso considerata primaria, continuassero a vivere in uno stato di disagio psicofisico magari riferito proprio alla sua mancanza oppure a una sorta di malessere esistenziale incolmabile senza (altre) droghe.
E' una ipotesi fantascientifica? Può darsi. Effettivamente il mio è soltanto un dubbio, eventualmente una ipotesi di lavoro: non una certezza e nemmeno un atteggiamento preconcetto. Ricordo, in ogni caso, che le granitiche ed immutabili certezze sono proprio il contrario di un atteggiamento scientifico che, per essere esercitato, richiede la necessità di porsi dei dubbi. Mi chiedo cosa succederebbe se, ad esempio, per un qualsiasi farmaco, venissero pubblicati studi in grado di dimostrarne, su migliaia di persone, la possibilità di indurre psicosi. Probabilmente verrebbe ritirato dal mercato. Forse esistono dei mercati per cui, evidentemente, non bisogna porsi troppi dubbi. Peccato che, così, sempre più persone, apparentemente consapevoli del loro consumo, si stiano sottoponendo senza alcuna tutela ad un inconsapevole esperimento: tra molti anni, in scienza e coscienza, qualcuno ne spiegherà loro i risultati.

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