30.9.08
Droga: cannabis causa depressione
SYDNEY, 29 SET-Depressione, perdita di memoria, danni ai polmoni, perdita di libido e restringimento del cervello: sono i rischi per chi fa uso di cannabis. Un pericolo piu' alto rispetto a chi assume droghe stimolanti come le anfetamine. E' il risultato di statistiche raccolte da un campione di 1000 medici generici in Australia. Gli effetti delle anfetamine sullo stato mentale sono ben noti, ma la nuova ricerca mostra che i fumatori di marijuana o hashish accusano tassi piu' alti di sintomi psicologici gravi.
16.9.08
la dichiarazione
inviato a Beppe Grillo.
"Caro Beppe, volevo segnalarti una chicca della nostra agenzia delle entrate, cosi' per farti due risate.
Mia sorella e' un avvocato di uno studio milanese e per la semplicita' della sua posizione si fa fare la dichiarazione dei redditi da mia madre, che peraltro ha sempre fatto le dichiarazioni di un sacco di parenti per anni. Da quest'anno, pero', le dichiarazioni per quelli come mia sorella possono soltanto essere compilate online. Cosi' mia madre si e' messa al computer, si e' fatta installare il software da mio fratello (che ha una ditta di servizi internet) e si e' messa a compilare i vari moduli. Cosa che ha fatto nel giro di una ventina di minuti.
Il problema e' stato l'invio. E qui giungo io. Io vivo a Houston da anni e sono passato a casa dei miei "in vacanza" per una settimana. Cosi', avendo del tempo e pensando di poter risolvere la questione in un paio di minuti (in fondo ho un dottorato in ingegneria), mi siedo al computer e cerco di capire.
Ora, in tutti i paesi del mondo ci sono software che permettono la compilazione della dichiarazione dei redditi. In Italia il "software" e' composto da un numero imprecisato di parti. Una e' per compilare l'"unico", una e per l'IVA, uno e' per trasmettere, uno e' per (beh questo non l'ho capito ancora), ma soprattutto ci sono almeno cinque differenti "moduli" per controllare la congruenza dei vari allegati.
E qui tutto normale, voglio dire, siamo in Italia e non sia mai che si faccia con una entita' sola quello che si puo' fare con almeno tre.
Il problema e' che non ci sono istruzioni coerenti. Cioe', in realta' non ci sono neppure istruzioni. Hai mai visto il portale online dell'Agenzia delle Entrate?
Vabbe', mi armo di pazienza e scarico tutto quello che posso dal sito e installo il tutto e anche di piu'. Chiaramente si rifiuta di installare perche' guarda caso un pezzo di software non sta sul sito ufficiale (https://telematici.agenziaentrate.gov.it/) ma, stranamente, su un sito privato (http://62.149.232.13/_entratel/) e soprattutto nascosto solo IP, niente nome.
Dopo un paio di ore sono in grado di capire come funziona il tutto e sono pronto a far "controllare" la dichiarazione e spedirla. Ovviamente c'e' un baco che non permetto di inviarla. Un altro paio di ore spese a leggere in internet le varie soluzioni che altri utenti hanno provato e sono pronto di nuovo. In pratica mi palleggio un file tra un software e l'altro, aggiro il controllo e verso sera ne faccio un upload sul sito.
Sono ancora in attesa del risultato, pero' mi sovvengono un po' di considerazioni e un po' di domande:
1) mia madre ha 70 anni ed e' disposta ad usufruire del suo diritto di farsi la dichiarazione da sola e ad imparare un minimo di software. L'operazione di invio, pero', richiede conoscenze informatiche da esperto.
2) se non ci fossi stato io, probabilmente avrebbe rinunciato e sarebbe andata dal commercialista per farsi fare la dichiarazione. E non sono del tutto sicuro che il mio intervento sia riuscito.
3) il tutto sembra la solita storia di un servizio che ufficialmente uno puo' fare da solo con ostacoli, in pratica, che lo rendono impossibile e che puntano tutti ad una categoria particolare con in mano l'unica soluzione.
4) quante persone ci hanno provato e si sono arrese andando dal commercialista?
5) perche' il software per l'"Unico" e' in realta' "trino". In altre parole, perche' gruppi diversi hanno sviluppato pezzi diversi e non lo hanno messo insieme?
6) perche' un pezzo di software di proprieta' dell'Agenzia delle Entrate e' nascosto su un sito privato?"
"Caro Beppe, volevo segnalarti una chicca della nostra agenzia delle entrate, cosi' per farti due risate.
Mia sorella e' un avvocato di uno studio milanese e per la semplicita' della sua posizione si fa fare la dichiarazione dei redditi da mia madre, che peraltro ha sempre fatto le dichiarazioni di un sacco di parenti per anni. Da quest'anno, pero', le dichiarazioni per quelli come mia sorella possono soltanto essere compilate online. Cosi' mia madre si e' messa al computer, si e' fatta installare il software da mio fratello (che ha una ditta di servizi internet) e si e' messa a compilare i vari moduli. Cosa che ha fatto nel giro di una ventina di minuti.
Il problema e' stato l'invio. E qui giungo io. Io vivo a Houston da anni e sono passato a casa dei miei "in vacanza" per una settimana. Cosi', avendo del tempo e pensando di poter risolvere la questione in un paio di minuti (in fondo ho un dottorato in ingegneria), mi siedo al computer e cerco di capire.
Ora, in tutti i paesi del mondo ci sono software che permettono la compilazione della dichiarazione dei redditi. In Italia il "software" e' composto da un numero imprecisato di parti. Una e' per compilare l'"unico", una e per l'IVA, uno e' per trasmettere, uno e' per (beh questo non l'ho capito ancora), ma soprattutto ci sono almeno cinque differenti "moduli" per controllare la congruenza dei vari allegati.
E qui tutto normale, voglio dire, siamo in Italia e non sia mai che si faccia con una entita' sola quello che si puo' fare con almeno tre.
Il problema e' che non ci sono istruzioni coerenti. Cioe', in realta' non ci sono neppure istruzioni. Hai mai visto il portale online dell'Agenzia delle Entrate?
Vabbe', mi armo di pazienza e scarico tutto quello che posso dal sito e installo il tutto e anche di piu'. Chiaramente si rifiuta di installare perche' guarda caso un pezzo di software non sta sul sito ufficiale (https://telematici.agenziaentrate.gov.it/) ma, stranamente, su un sito privato (http://62.149.232.13/_entratel/) e soprattutto nascosto solo IP, niente nome.
Dopo un paio di ore sono in grado di capire come funziona il tutto e sono pronto a far "controllare" la dichiarazione e spedirla. Ovviamente c'e' un baco che non permetto di inviarla. Un altro paio di ore spese a leggere in internet le varie soluzioni che altri utenti hanno provato e sono pronto di nuovo. In pratica mi palleggio un file tra un software e l'altro, aggiro il controllo e verso sera ne faccio un upload sul sito.
Sono ancora in attesa del risultato, pero' mi sovvengono un po' di considerazioni e un po' di domande:
1) mia madre ha 70 anni ed e' disposta ad usufruire del suo diritto di farsi la dichiarazione da sola e ad imparare un minimo di software. L'operazione di invio, pero', richiede conoscenze informatiche da esperto.
2) se non ci fossi stato io, probabilmente avrebbe rinunciato e sarebbe andata dal commercialista per farsi fare la dichiarazione. E non sono del tutto sicuro che il mio intervento sia riuscito.
3) il tutto sembra la solita storia di un servizio che ufficialmente uno puo' fare da solo con ostacoli, in pratica, che lo rendono impossibile e che puntano tutti ad una categoria particolare con in mano l'unica soluzione.
4) quante persone ci hanno provato e si sono arrese andando dal commercialista?
5) perche' il software per l'"Unico" e' in realta' "trino". In altre parole, perche' gruppi diversi hanno sviluppato pezzi diversi e non lo hanno messo insieme?
6) perche' un pezzo di software di proprieta' dell'Agenzia delle Entrate e' nascosto su un sito privato?"
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Sopravvivere a Palermo
15.9.08
Giu' le mani dai bambini … cosa sara' la societa' del futuro?...
"solo chi ha vissuto le multinazionali del farmaco dall'interno ne ha chiara l'inaudita potenza".
(Loris Jacopo Bononi - Pfitzer Farmaceutica )
Giovane universitario, come tanti altri, ci spostavamo tra le corsie, osservavamo tanti pazienti, sovente con "altalene" che attraversavano la vita,una volta tra le corsie di Geriatria, e mezz'ora dopo nelle corsie di pediatria.
Non era cosi' semplice respirarne l'enorme valenza che vibrava tra le cliniche dei piani differenti, almeno non tutti lo avvertivamo.
Oggi alla luce di una differente esperienza, abbiamo compreso che la ricerca farmacologica in ambito pediatrico attuata dalle multinazionali, soffre soprattutto per la peculiarita' degli aspetti clinici pediatrici.
In parole piu' semplici, se e' potenzialmente difficile "creare" e quindi investire capitale e risorse umane per elaborare un "formula chimica" e quindi il farmaco, lo e' molto di piu' se lo stesso deve essere creato per i bambini.
E' semplicemente pura verita' che nell'oceanica farmacopea, solo meno del 30 % di tutti i farmaci e' sostanzialmente utile, il resto e' la risultanza di fenomeni di marketing che non hanno riscontro se non nella logica del business .
In ambiti pediatrici, il distacco tra utilita' e marketing si fa piu' ampio.
Una delle piu' importanti metodologie di marketing, messe in azione e gestite dalle multinazionali del farmaco, e' la messa in scena di "nuove patologie" che non hanno riscontri in un approccio razionale al paziente.
Qualche settimana fa, mentre leggevo, sono traballato dalla sedia: l'EMEA -l'Agenzia di controllo europea sui farmaci– aveva approvato l'uso del Prozac per i bambini. Il Prozac, chiamato anche "pillola della felicita'", sostanzialmente e' una molecola chimica della famiglia degli antidepressivi. Negli ultimi 30 anni il consumo di queste molecole per la Felicita', non si e' centuplicato, bensi' milluplicato. Recentemente The Guardian, quotidiano severo e decisamente autonomo, asseriva che se si analizzassero le acque dell'acquedotto di Londra, nelle stesse acque che dissetano milioni di abitanti adulti e bambini, si scoprirebbe una quantita' industriale di molecole chimiche, tra le quali spiccherebbe per la maggior presenza il Prozac. Il segnale lanciato da The Guardian e' molto chiaro. Oggi, in Italia, il Prozac puo' essere prescritto anche ai bambini. Noi abbiamo deciso di parlarne con degli esperti, con qualificati professionisti riuniti in diversi ambiti e gruppi che fanno capo al portale http://www.giulemanidaibambini.org, che da anni seguono attentamente le vicende che, piu' che dell'incredibile, hanno sottostanti risvolti da film dell'horror.
Abbiamo intervistato il dottor Luca Poma, giornalista scientifico, e portavoce dell'associazione "Giu' le mani dai bambini".
D - Buon giorno, grazie per la sua disponibilita', ci vuole dire che cosa sta accadendo?
R – esistono strategie per medicalizzare sempre piu' il disagio dei bambini, e questo lo troviamo inaccettabile. Gli interessi delle multinazionali del farmaco sono molto ben rappresentate, anche in Italia all'interno delle nostre istituzioni, la 'capacita' di fuoco' di queste aziende – attente innanzitutto ai profitti – e' davvero elevata. Come ebbe a dire Loris Jacopo Bononi, gia' elemento di punta della Pfitzer, "solo chi ha vissuto le multinazionali del farmaco dall'interno ne ha chiara l'inaudita potenza". Siamo comunque convinti che la partita vada giocata non tanto sul "vietare" qualcosa, quanto sull'informazione per una scelta consapevole. Il grande lavoro che stiamo facendo da quattro anni a questa parte e' quello di sensibilizzare le famiglie, informarle dei rischi di queste terapie a base di psicofarmaci, dell'inutilita' di strategie terapeutiche "tampone" che non risolvono nulla. Su questo piano siamo vincenti, la percezione del problema in Italia e' radicalmente cambiata nell'ultimo periodo, con buona pace del business di big pharma, il cui marketing sui bambini –su questi temi- sta trovando meno in Italia. Ma bisogna continuare, e tenere altissima la soglia di vigilanza sul problema.
D – Alcuni dirigenti dell'Istituto Superiore di Sanita' sostengono nei convegni che in Italia si prescrivono molti meno psicofarmaci che in altri Paesi del mondo. E' vero?
R - Non certo per merito loro, non solo, perlomeno. "Giu' le Mani dai Bambini" fa il suo ingresso sulla scena italiana quando l'ISS era prossimo a rendere disponibile il modulo di consenso informato che le famiglie devono firmare prima di poter somministrare lo psicofarmaco al proprio figlio: mancavano la meta' degli effetti collaterali "perche' –dicevano alcuni- e' inutile scrivere tutto, tanto la gente non legge". Incidentalmente, gli effetti avversi non segnalati erano i piu' gravi. Ebbene, dal momento che per stessa ammissione del'ISS quei documenti erano il frutto di un anno e mezzo di lavoro del loro staff, delle due l'una: o i funzionari sono corrotti, e non ho motivo di pensarlo, oppure –ed e' piu' probabile– sono cosi' appiattiti su certe posizioni da non rendersi neppure conto della direzione che rischia di prendere l'intera questione. Per questo ultimamente nell'ambiente accademico alcuni hanno preso a chiamarli "piccoli notai dell'Adhd": il loro interesse –questo perlomeno e' quello che traspare dalle azioni di diversi tra questi personaggi– e' quello di mantenere lo 'status quo' ed applicare alla prescrizione di psicofarmaci ai bambini quel grado di prudenza sufficiente a non rendersi ulteriormente attaccabili dall'opinione pubblica.
D - Psicofarmaci solo nei casi estremi, e sotto stretto controllo medico?
R - Queste sono chiacchiere, frasi fatte che abbiamo sentito mille volte, utili per la propaganda, per dipingersi come "accorti e prudenti". Il dirigente di un organismo sanitario di controllo mi ha confessato pochi giorni fa via e-mail di essere convinto che con le prescrizioni di psicofarmaci relativamente basse in Italia "si sta negando l'accesso agli psicofarmaci a bambini che ne trarrebbero giovamento". Quando sento queste cose inorridisco, come se lo psicofarmaco fosse la soluzione ideale per bambini con problemi del comportamento.
D - l'Agenzia Italiana del Farmaco come si comporta?
R - l'EMEA ovvero l'Agenzia Europea del Farmaco, che 'curiosamente' dipende dalla Direzione Generale Industria e non dalla dirigenza della Sanita', ha deliberato su richiesta della casa produttrice Ely Lilly la possibilita' di somministrare il Prozac a bambini di otto anni. Lasciamo per un istante da parte le valutazioni di merito afferenti la decisione di somministrare un potente psicofarmaco in cosi' tenera eta', e concentriamoci sulla reazione dell'AIFA.
D – dottor Poma! per favore mi dica che sono confuso …. : l'Italia ha recepito questa raccomandazione?
R - … di fronte alle proteste nostre e di altre ONG, i vari funzionari di ISS ed AIFA hanno alzato le braccia al Cielo…. dicendo che "trattandosi di una delibera Europea non si poteva fare nulla". Questo e' falso: il Codice Farmaceutico -che e' la legge dello Stato che regola i rapporti in tema di farmaci tra i produttori, tra l'Italia e l'Unione Europea- dice molto chiaramente all'articolo n. 43 che l'AIFA "in caso di rischio potenziale grave per la salute pubblica puo' non approvare il rapporto di valutazione sul farmaco, il riassunto delle caratteristiche del prodotto, l'etichettatura od il foglio illustrativo predisposti, comunicando la motivazione approfondita della propria posizione a tutti gli altri Stati membri interessati e all'industria richiedente", avviando di fatto un contenzioso o richiedendo comunque misure piu' restrittive. Noi abbiamo sollevato questo problema con l'AIFA, e non dico che loro non sono riusciti a far valere principi di maggiore prudenza: dico che neppure ci hanno provato!
D – ma cosa mi dice dottor Poma? E' vergognoso! Non si puo' giocare con la vita degli altri, ancor piu' dei bambini! Quindi non ci hanno nemmeno provato???
Dottor Poma, lei sa bene che una recente revisione delle ricerche scientifiche sul Prozac ha provato che e' poco piu' efficace di una pillola di zucchero…. Come commenta questa notizia comparsa su prestigiose pubblicazioni scientifiche?
R - Il Prozac e' stato definito da alcuni medici come una "fabbrica di malattie", tanti sono i potenziali effetti collaterali. Lo si assume, e poi si ha necessita' di altri medicinali per proteggere il fegato, perche' e' potenzialmente epatotossico, altri per il cuore, per evitare complicazioni cardio-circolatorie, altri per il problema dell'induzione al suicidio, etc. Come si possa autorizzare l'uso di una molecola del genere su un bambino di otto anni e' un mistero.
D – si', e' un mistero che dovremmo farcelo spiegare dai nostri politici…. Adesso spostiamoci sulla iperattivita' dei bambini, la cosiddetta Adhd. E' una malattia?
R - Che ce lo provino. Ad oggi nessun marcatore biologico dell'iperattivita' e' mai stato individuato, non esiste alcuna prova certa che l'essere distratti, agitati ed incontrollabili -in nessuna forma ed intensita'– sia una malattia di origine biologica. Tutti gli studi che tendevano a provare questa circostanza sono stati successivamente confutati per grave pregiudizio editoriale. Un esempio tipico sono le ricerche effettuate con il supporto della "neuroimmagine" che volevano provare che la struttura cerebrale dei bimbi iperattivi sarebbe differente da quella dei bambini normali: peccato che si siano 'dimenticati' di evidenziare che i bimbi usati per questi esperimenti erano gia' in cura con psicofarmaci, con il risultato che non sapremo mai se le lievi differenze riscontrate a livello cerebrale siano imputabili alla presunta malattia od al farmaco stesso, che com'e' noto altera l'equilibrio neurologico. Tutte le ricerche citate 'a pappagallo' dalle associazioni genitoriali favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, sono parziali, frutto di un'impostazione preconcetta, non sono veramente indipendenti dagli interessi dei produttori, ed infine sono scientificamente confutabili. E comunque, per ognuna di esse se ne possono citare due che sostengono esattamente il contrario, quindi –come minimo– la prudenza su questi temi dovrebbe essere la parola d'ordine.
D - Se non e' una malattia, cos'e'?
R - Vorrei precisare che non dobbiamo commettere l'errore di derubricare a semplice "vivacita'" certi problemi di comportamento: un bambino che non sta seduto per piu' di 10 minuti, che prende a forbiciate i compagni, insulta la maestra, si arrampica sulle tende, scappa dai genitori ad ogni occasione, urla al cinema e tira giu' a calci gli scaffali dei supermercati non e' solo "un po' vivace". Vede, chi sostiene questo, oltre che esporsi alle facili –ed in questo caso del tutto comprensibili- critiche degli 'sponsor' della soluzione farmacologica, non rende soprattutto un buon servizio al bambino stesso: certi disagi vanno comunque presi in carico.
La domanda seria da porci casomai e': "che tipo di risposta noi adulti diamo a questo disagio". Ovvio che se diamo retta agli imbecilli che preferiscono non intervenire mai in alcun modo sul bambino, lasciamo la strada aperta a coloro che ritengono di poter risolvere tutto sedando il bambino con una molecola psicoattiva. Ma esiste una corretta contemperazione tra la necessita' di risolvere un disagio e la necessita' di non drogare un organismo in via di sviluppo: la scienza ha molto da dire senza bisogno di somministrare uno psicofarmaco ad un minore, e sono tanti i protocolli non farmacologici scientificamente testati e risultati efficaci. L'ADHD –secondo il parere dei nostri medici e specialisti- e' "una costellazione aspecifica di sintomi": l'iperattivita' e' infatti un sintomo presente in oltre duecento vere patologie, come dimostrano centinaia di ricerche scientifiche sistematicamente ignorate o sottovalutate dagli organismi di controllo sanitario, ben selezionate e ripubblicate dal Prof. Claudio Ajmone, che –tra i primi nel nostro Paese a studiare ed approfondire il fenomeno– giustamente non si stanca mai di porre l'accento sull'imprescindibile necessita' di 'saper differenziare', invece che correre dietro alle mode e fare di tutta l'erba un fascio con una facile diagnosi psichiatrica che tranquillizza le coscienze di alcuni, deresponsabilizzandoli. Ha ragione Bill Carey, pediatra di un'umanita' straordinaria ed eccezionale professore universitario in Usa, quando ci mette in allerta dai pericoli del metodo "quick-fix" americano, le "soluzioni facili ai problemi complessi".
D – Dottor Poma, alcune ricerche sull'iperattivita' puntano il dito sugli effetti nefasti della televisione come 'baby-sitter' dei piu' piccoli…
R - Questo e' un altro spunto interessante: i bambini che guardano due o piu' ore di televisione al giorno sono destinati ad avere seri problemi di concentrazione ed iperattivita' da adolescenti, fino al 40% in piu' della norma. Questi sono i risultati di uno studio scientifico svolto in Nuova Zelanda analizzando la salute e i comportamenti di piu' di mille bambini, pubblicato sulla rivista scientifica americana 'Pediatrics'. L'iperattivita' in questo caso e' generata dall'eccessiva velocita' dei "frame", i fotogrammi che si alternano con i continui e rapidissimi cambiamenti di scena, e che stimolano eccessivamente i delicati cervelli in formazione.
"Questi bambini sembrano diventare intolleranti nei confronti di qualsiasi attivita' a ritmo piu' lento, quale lo studiare, l'andare a scuola, il giocare con i compagni'', si legge nello studio. Ebbene, mi chiedo come queste realta' possano essere cosi' sistematicamente e colpevolmente ignorate da alcuni. E' davvero folle e semplicistico –dinnanzi ad uno scenario cosi' complesso– ricondurre tutti i tipi di iperattivita' sotto l'unica etichetta di "ADHD", e' scientificamente assurdo: chi oggi lo fa, non si rende conto che consegna il proprio nome al ridicolo, agli occhi della scienza futura.
D - Ma lo psicofarmaco ha comunque degli effetti, quindi non e' inutile. Se lei fosse medico, dottor Poma, lo prescriverebbe?
R - Io sono un giornalista scientifico e non un medico, ma conosco numerosi medici e psichiatri che non lo prescrivono e non lo prescriverebbero mai, come so per certo che nemmeno Lei lo prescriverebbe dottor Parisi. Sono tutti intelligenti i medici che lo prescrivono e tutti 'oscurantisti medioevali' i loro colleghi che non lo prescrivono? Non penso.
D - Mentre per l'ISS non e' cosi'?
R - Per l'ISS, e per una parte della comunita' scientifica, questi psicofarmaci "curano", e questo e' quanto si legge sui loro protocolli. Anche in questo caso mentono, perche' gli stessi produttori quando sono messi alle strette ammettono che si tratta di farmaci che garantiscono un certo beneficio solo sul sintomo. In questo caso, specialisti "sono piu' realisti del Re", ovvero piu' organicisti delle stesse aziende farmaceutiche. Come ci ha ricordato in una bellissima intervista video il prof. Giorgio Antonucci, decano della psicoanalisi in Italia, il business ha sempre avuto bisogno dei suoi "paggetti", pronti a stracciarsi le vesti ed a squittire rumorosamente dinnanzi a chiunque metta in discussione la loro autonomia nel prescrivere qualunque cosa, che faccia bene o meno. E' cosi' che va da che mondo e' mondo, non dobbiamo certo stupirci.
D - E' stato recentemente messa in risalto, nelle cronache nazionali italiane, la situazione della scuola e gli invadenti tentativi di "medicalizzazione del disagio": sono sempre piu' frequenti i casi di bambini irrequieti e distratti che vengono etichettati "iperattivi" ed indirizzati dalle famiglie -su segnalazione della scuola- ai servizi di neuropsichiatria infantile per cure a base anche di psicofarmaci. Lei dottor Poma mi conferma queste circostanze?
R - Anche se il fenomeno e' agli inizi, e' un fatto, tanto che c'e' un'inchiesta della magistratura in corso proprio in questo periodo a Bologna, ma il fenomeno interessa anche altri capoluoghi. Ci sono associazioni favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci: sono genitori che li cercano e li danno ai propri figli. Questa e' una scelta giuridicamente legittima se sono prodotti autorizzati al commercio, ancorche' discutibile sotto altri profili. Questi genitori, presi dal sacro fuoco della "propaganda", si aggirano per le scuole o comunque coinvolgendo insegnanti nei loro "corsi di formazione", durante i quali spiegano che "l'ADHD e' una malattia e si cura con psicofarmaci". La scuola e' sempre stata un'anticamera della prescrizione, in tutti i Paesi dove i produttori hanno avviato programmi di marketing sul territorio, e ci sarebbe da approfondire l'eventuale "buona fede" di questi genitori, che negli USA ricevono lauti finanziamenti dalle multinazionali del farmaco. Spesso –ma non sempre– si tratta di famiglie che sono approdate allo psicofarmaco per disperazione, in assenza di soluzione alternative efficaci. Ma ci sono anche tanti altri genitori con bambini iperattivi che hanno trovato soluzioni differenti, perche' di questi si parla poco? Recentemente abbiamo attivato un altro sito, insieme con i sindacati CISL e CGIL e con le tre piu' rappresentative associazioni genitoriali italiane, CGD, AGE ed Agesc, a riprova che la maggioranza dei genitori italiani e' con noi: www.scuolaprotetta.it, dove insegnanti e famiglie possono iscriversi gratuitamente ad un corso di formazione a distanza su queste tematiche, perche' l'informazione completa e corretta e' la chiave di tutto, ed e' il migliore "antifurto" anti-abuso.
D - Ma esistono davvero soluzioni alternative efficaci?
R - Certamente si', come ho detto prima la scienza ha moltissimo da dire prima di dover somministrare uno psicofarmaco ad un bambino. Ma gli "sponsor" della soluzione
farmacologica hanno imbrogliato le carte per anni, sostenendo in totale mala fede l'equazione "psicofarmaco = scienza", e tutto il resto quindi non vale nulla. Abbiamo smascherato questa bugia, traducendo in italiano centinaia di ricerche scientifiche sull'argomento, pubblicate sul nostro portale http://www.giulemanidaibambini.org
Noi comunque ci occupiamo di fare informazione, non di indicare "soluzioni alternative", prova ne sia che riceviamo migliaia di lettere da genitori che ci chiedono di indicargli uno specialista che non usi psicofarmaci ma mai l'abbiamo fatto, non vogliamo "consigliare amici", non desideriamo cadere anche noi nella trappola del conflitto d'interesse come le nostre controparti: noi diamo informazioni sul problema, dati scientifici resi in linguaggio divulgativo, poi i genitori scelgano in totale liberta'.
D - Tuttavia e' opinione comune che lo psicofarmaco –ancorche' rischioso– agisca quasi immediatamente, mentre altre soluzioni terapeutiche sono magari efficaci, ma solo nel lungo periodo.
R - Intanto bisogna valutare qual e' il prezzo a medio-lungo termine di quest'effimero sollievo. E poi la scienza nuovamente ci e' d'aiuto per smascherare le bugie, i luoghi comuni, le teorie spacciate per verita' assolute: non sono pochi gli studi che hanno provato che dopo alcuni anni di terapia i farmaci utilizzati per l'ADHD non sono piu' efficaci della terapia comportamentale. Il National Institute of Mental Health (NIMH) ad esempio ha osservato 600 minori con ADHD. Lo studio concluse che -prendendo a campione un solo anno- il trattamento farmacologico -o la combinazione di trattamento farmacologico e terapia comportamentale- agivano meglio che non la sola psicoterapia. La stessa analisi su tre anni di follow-up ha indicato pero' che i farmaci "non hanno un effetto benefico" se confrontati con la sola terapia comportamentale, ed addirittura che il loro impatto potrebbe essere negativo a causa degli effetti collaterali, e che comunque "non sono stati osservati benefici dalla combinazione di farmaco e trattamento comportamentale rispetto alla sola terapia psicologica". Il co-autore dello studio, il Professor William Pelham dell'Universita' di Buffalo, ha dichiarato che "non ci sono particolari indicazioni positive per il lungo periodo circa l'assunzione dello psicofarmaco piuttosto che non assumere alcuno psicofarmaco", e che gli analisti avevano sopravvalutato l'impatto positivo dei farmaci nella prima fase dello studio. Chissa' come mai gli 'sponsor' dello psicofarmaco si "dimenticano" sempre di citare questi dati, ed anche le rare volte che li citano –e penso in questo caso all'Istituto Superiore di Sanita'– non li traducono poi in fatti applicandoli nelle proprie linee guida.
D - Molti, moltissimi soldi in gioco, quindi, al punto da far passare l'etica in secondo piano?
R - Forse si'. E' uno dei business del futuro, anzi, gia' del presente, che solo grazie un'attenta e faticosa opera di vigilanza sta venendo in parte contenuto nel nostro Paese. Il dibattito sull''epidemia' di ADHD si e' infuocato anche sulle piu' prestigiose riviste scientifiche. 'Nature' ha pubblicato un intervento al vetriolo sugli interessi economici che si nascondono dietro al boom di diagnosi e trattamenti di questa presunta patologia pediatrica. Steven Rose, del Department of Life Sciences della Open University, ha attaccato alcuni colleghi dicendo: "Se non ci rendiamo conto che viviamo nel mondo reale e qual e' la situazione nella quale questi psicofarmaci vengono venduti, acquistati, prescritti e somministrati, allora ogni dibattito di natura etica sara' sempre senza senso. La presunta incidenza dell'ADHD e' un po' troppo 'ballerina': meno dello 0,1 per cento in Gran Bretagna prima del 1990, e ora tra l'1 e il 5 per cento, elevatissima in Australia e Islanda, bassa in altri Paesi. Sono diagnosi spesso discutibili, le evidenze sono carenti. E intanto le vendite di farmaci a base di metilfenidato solo in Gran Bretagna sono passate dalle circa 2000 confezioni del 1991 alle circa 300.000 di oggi. Fa pensare che ci sia sotto qualcosa di piu' della moda, o no?". Considerazioni sagge e realistiche, queste di Rose.
D – Si', certo. A proposito dell'incidenza di questa presunta malattia sul territorio italiano le discussioni sono accese. Voi avete dati precisi?
R - I dati sono quelli ufficiali delle varie ricerche, e fanno inorridire solo a citarli: uno studio condotto in due regioni del centro Italia ha evidenziato una prevalenza pari al 3.6%; un altro studio con i pediatri della citta' di Torino ha dato una prevalenza del 2,52%; uno studio del 2002, lo 0,43%; uno studio, condotto nelle scuole di Firenze e Perugia, ha individuato un 3,8% di casi; a Roma sono stati condotti due studi pediatrici, nel 1999 e nel 2003, nel primo la prevalenza e' stata del 1,51%, nel secondo lo 0,91%; lo studio di Cesena del 2003 -condotto dai servizi territoriali su una popolazione di 11.980 soggetti di eta' compresa tra 7 e 14 anni– ha dato una prevalenza di disturbi dell'1,1%, e potremmo citare molti altri dati contraddittori. Ma e' scienza o e' una lotteria?
D - In occasione della Giornata Mondiale dell'Infanzia delle Nazioni Unite, il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napoletano ha insignito "Giu' le Mani dai Bambini" della "Targa d'Argento" come riconoscimento alla vostra attivita' ed ai meriti sociali della vostra campagna di sensibilizzazione. Come avete appreso la notizia?
R - Tramite una lettera dello stesso Presidente. Un'emozione indescrivibile per tutti i volontari coinvolti in questo progetto, un onore grande ed inaspettato. Anche un peso in termini di responsabilita', che non vogliamo e non dobbiamo deludere. La nostra e' una campagna di vigilanza e di denuncia anti-abuso, ma dai forti contenuti culturali: la nostra azione mira soprattutto a far riflettere noi adulti sulle modalita' di interazione con i piu' piccoli, e sul tipo di mondo e di societa' che stiamo per lasciare in eredita' ai nostri bambini. Forse sbaglio, ma mi azzardo ad immaginare che sia stato quest'aspetto a sollecitare l'attenzione del Presidente della Repubblica, prima ancora che non gli aspetti squisitamente 'clinici' del nostro lavoro.
D - Perche' ha scelto di dedicarsi a questa battaglia?
R - Un gruppo di amici ha detto 'NO' a qualcosa che ci piaceva poco, ed ha deciso di non stare a guardare e di fare qualcosa al riguardo, perche' non basta indignarsi, se poi non si passa all'azione. Siamo tutti fermamente convinti della necessita' di continuare a promuovere questa battaglia. Lo dobbiamo ai tanti Marco, Giovanni, Luisa, Angela che in qualche modo proteggiamo senza che neanche loro lo sappiano, ed al sacrosanto diritto di questi bimbi ad essere "diversi".
Grazie per l'intervista a Voi di Aduc.
Parisi - grazie molto alle sue informazioni dottor Poma.
di Giuseppe Parisi
(Loris Jacopo Bononi - Pfitzer Farmaceutica )
Giovane universitario, come tanti altri, ci spostavamo tra le corsie, osservavamo tanti pazienti, sovente con "altalene" che attraversavano la vita,una volta tra le corsie di Geriatria, e mezz'ora dopo nelle corsie di pediatria.
Non era cosi' semplice respirarne l'enorme valenza che vibrava tra le cliniche dei piani differenti, almeno non tutti lo avvertivamo.
Oggi alla luce di una differente esperienza, abbiamo compreso che la ricerca farmacologica in ambito pediatrico attuata dalle multinazionali, soffre soprattutto per la peculiarita' degli aspetti clinici pediatrici.
In parole piu' semplici, se e' potenzialmente difficile "creare" e quindi investire capitale e risorse umane per elaborare un "formula chimica" e quindi il farmaco, lo e' molto di piu' se lo stesso deve essere creato per i bambini.
E' semplicemente pura verita' che nell'oceanica farmacopea, solo meno del 30 % di tutti i farmaci e' sostanzialmente utile, il resto e' la risultanza di fenomeni di marketing che non hanno riscontro se non nella logica del business .
In ambiti pediatrici, il distacco tra utilita' e marketing si fa piu' ampio.
Una delle piu' importanti metodologie di marketing, messe in azione e gestite dalle multinazionali del farmaco, e' la messa in scena di "nuove patologie" che non hanno riscontri in un approccio razionale al paziente.
Qualche settimana fa, mentre leggevo, sono traballato dalla sedia: l'EMEA -l'Agenzia di controllo europea sui farmaci– aveva approvato l'uso del Prozac per i bambini. Il Prozac, chiamato anche "pillola della felicita'", sostanzialmente e' una molecola chimica della famiglia degli antidepressivi. Negli ultimi 30 anni il consumo di queste molecole per la Felicita', non si e' centuplicato, bensi' milluplicato. Recentemente The Guardian, quotidiano severo e decisamente autonomo, asseriva che se si analizzassero le acque dell'acquedotto di Londra, nelle stesse acque che dissetano milioni di abitanti adulti e bambini, si scoprirebbe una quantita' industriale di molecole chimiche, tra le quali spiccherebbe per la maggior presenza il Prozac. Il segnale lanciato da The Guardian e' molto chiaro. Oggi, in Italia, il Prozac puo' essere prescritto anche ai bambini. Noi abbiamo deciso di parlarne con degli esperti, con qualificati professionisti riuniti in diversi ambiti e gruppi che fanno capo al portale http://www.giulemanidaibambini.org, che da anni seguono attentamente le vicende che, piu' che dell'incredibile, hanno sottostanti risvolti da film dell'horror.
Abbiamo intervistato il dottor Luca Poma, giornalista scientifico, e portavoce dell'associazione "Giu' le mani dai bambini".
D - Buon giorno, grazie per la sua disponibilita', ci vuole dire che cosa sta accadendo?
R – esistono strategie per medicalizzare sempre piu' il disagio dei bambini, e questo lo troviamo inaccettabile. Gli interessi delle multinazionali del farmaco sono molto ben rappresentate, anche in Italia all'interno delle nostre istituzioni, la 'capacita' di fuoco' di queste aziende – attente innanzitutto ai profitti – e' davvero elevata. Come ebbe a dire Loris Jacopo Bononi, gia' elemento di punta della Pfitzer, "solo chi ha vissuto le multinazionali del farmaco dall'interno ne ha chiara l'inaudita potenza". Siamo comunque convinti che la partita vada giocata non tanto sul "vietare" qualcosa, quanto sull'informazione per una scelta consapevole. Il grande lavoro che stiamo facendo da quattro anni a questa parte e' quello di sensibilizzare le famiglie, informarle dei rischi di queste terapie a base di psicofarmaci, dell'inutilita' di strategie terapeutiche "tampone" che non risolvono nulla. Su questo piano siamo vincenti, la percezione del problema in Italia e' radicalmente cambiata nell'ultimo periodo, con buona pace del business di big pharma, il cui marketing sui bambini –su questi temi- sta trovando meno in Italia. Ma bisogna continuare, e tenere altissima la soglia di vigilanza sul problema.
D – Alcuni dirigenti dell'Istituto Superiore di Sanita' sostengono nei convegni che in Italia si prescrivono molti meno psicofarmaci che in altri Paesi del mondo. E' vero?
R - Non certo per merito loro, non solo, perlomeno. "Giu' le Mani dai Bambini" fa il suo ingresso sulla scena italiana quando l'ISS era prossimo a rendere disponibile il modulo di consenso informato che le famiglie devono firmare prima di poter somministrare lo psicofarmaco al proprio figlio: mancavano la meta' degli effetti collaterali "perche' –dicevano alcuni- e' inutile scrivere tutto, tanto la gente non legge". Incidentalmente, gli effetti avversi non segnalati erano i piu' gravi. Ebbene, dal momento che per stessa ammissione del'ISS quei documenti erano il frutto di un anno e mezzo di lavoro del loro staff, delle due l'una: o i funzionari sono corrotti, e non ho motivo di pensarlo, oppure –ed e' piu' probabile– sono cosi' appiattiti su certe posizioni da non rendersi neppure conto della direzione che rischia di prendere l'intera questione. Per questo ultimamente nell'ambiente accademico alcuni hanno preso a chiamarli "piccoli notai dell'Adhd": il loro interesse –questo perlomeno e' quello che traspare dalle azioni di diversi tra questi personaggi– e' quello di mantenere lo 'status quo' ed applicare alla prescrizione di psicofarmaci ai bambini quel grado di prudenza sufficiente a non rendersi ulteriormente attaccabili dall'opinione pubblica.
D - Psicofarmaci solo nei casi estremi, e sotto stretto controllo medico?
R - Queste sono chiacchiere, frasi fatte che abbiamo sentito mille volte, utili per la propaganda, per dipingersi come "accorti e prudenti". Il dirigente di un organismo sanitario di controllo mi ha confessato pochi giorni fa via e-mail di essere convinto che con le prescrizioni di psicofarmaci relativamente basse in Italia "si sta negando l'accesso agli psicofarmaci a bambini che ne trarrebbero giovamento". Quando sento queste cose inorridisco, come se lo psicofarmaco fosse la soluzione ideale per bambini con problemi del comportamento.
D - l'Agenzia Italiana del Farmaco come si comporta?
R - l'EMEA ovvero l'Agenzia Europea del Farmaco, che 'curiosamente' dipende dalla Direzione Generale Industria e non dalla dirigenza della Sanita', ha deliberato su richiesta della casa produttrice Ely Lilly la possibilita' di somministrare il Prozac a bambini di otto anni. Lasciamo per un istante da parte le valutazioni di merito afferenti la decisione di somministrare un potente psicofarmaco in cosi' tenera eta', e concentriamoci sulla reazione dell'AIFA.
D – dottor Poma! per favore mi dica che sono confuso …. : l'Italia ha recepito questa raccomandazione?
R - … di fronte alle proteste nostre e di altre ONG, i vari funzionari di ISS ed AIFA hanno alzato le braccia al Cielo…. dicendo che "trattandosi di una delibera Europea non si poteva fare nulla". Questo e' falso: il Codice Farmaceutico -che e' la legge dello Stato che regola i rapporti in tema di farmaci tra i produttori, tra l'Italia e l'Unione Europea- dice molto chiaramente all'articolo n. 43 che l'AIFA "in caso di rischio potenziale grave per la salute pubblica puo' non approvare il rapporto di valutazione sul farmaco, il riassunto delle caratteristiche del prodotto, l'etichettatura od il foglio illustrativo predisposti, comunicando la motivazione approfondita della propria posizione a tutti gli altri Stati membri interessati e all'industria richiedente", avviando di fatto un contenzioso o richiedendo comunque misure piu' restrittive. Noi abbiamo sollevato questo problema con l'AIFA, e non dico che loro non sono riusciti a far valere principi di maggiore prudenza: dico che neppure ci hanno provato!
D – ma cosa mi dice dottor Poma? E' vergognoso! Non si puo' giocare con la vita degli altri, ancor piu' dei bambini! Quindi non ci hanno nemmeno provato???
Dottor Poma, lei sa bene che una recente revisione delle ricerche scientifiche sul Prozac ha provato che e' poco piu' efficace di una pillola di zucchero…. Come commenta questa notizia comparsa su prestigiose pubblicazioni scientifiche?
R - Il Prozac e' stato definito da alcuni medici come una "fabbrica di malattie", tanti sono i potenziali effetti collaterali. Lo si assume, e poi si ha necessita' di altri medicinali per proteggere il fegato, perche' e' potenzialmente epatotossico, altri per il cuore, per evitare complicazioni cardio-circolatorie, altri per il problema dell'induzione al suicidio, etc. Come si possa autorizzare l'uso di una molecola del genere su un bambino di otto anni e' un mistero.
D – si', e' un mistero che dovremmo farcelo spiegare dai nostri politici…. Adesso spostiamoci sulla iperattivita' dei bambini, la cosiddetta Adhd. E' una malattia?
R - Che ce lo provino. Ad oggi nessun marcatore biologico dell'iperattivita' e' mai stato individuato, non esiste alcuna prova certa che l'essere distratti, agitati ed incontrollabili -in nessuna forma ed intensita'– sia una malattia di origine biologica. Tutti gli studi che tendevano a provare questa circostanza sono stati successivamente confutati per grave pregiudizio editoriale. Un esempio tipico sono le ricerche effettuate con il supporto della "neuroimmagine" che volevano provare che la struttura cerebrale dei bimbi iperattivi sarebbe differente da quella dei bambini normali: peccato che si siano 'dimenticati' di evidenziare che i bimbi usati per questi esperimenti erano gia' in cura con psicofarmaci, con il risultato che non sapremo mai se le lievi differenze riscontrate a livello cerebrale siano imputabili alla presunta malattia od al farmaco stesso, che com'e' noto altera l'equilibrio neurologico. Tutte le ricerche citate 'a pappagallo' dalle associazioni genitoriali favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, sono parziali, frutto di un'impostazione preconcetta, non sono veramente indipendenti dagli interessi dei produttori, ed infine sono scientificamente confutabili. E comunque, per ognuna di esse se ne possono citare due che sostengono esattamente il contrario, quindi –come minimo– la prudenza su questi temi dovrebbe essere la parola d'ordine.
D - Se non e' una malattia, cos'e'?
R - Vorrei precisare che non dobbiamo commettere l'errore di derubricare a semplice "vivacita'" certi problemi di comportamento: un bambino che non sta seduto per piu' di 10 minuti, che prende a forbiciate i compagni, insulta la maestra, si arrampica sulle tende, scappa dai genitori ad ogni occasione, urla al cinema e tira giu' a calci gli scaffali dei supermercati non e' solo "un po' vivace". Vede, chi sostiene questo, oltre che esporsi alle facili –ed in questo caso del tutto comprensibili- critiche degli 'sponsor' della soluzione farmacologica, non rende soprattutto un buon servizio al bambino stesso: certi disagi vanno comunque presi in carico.
La domanda seria da porci casomai e': "che tipo di risposta noi adulti diamo a questo disagio". Ovvio che se diamo retta agli imbecilli che preferiscono non intervenire mai in alcun modo sul bambino, lasciamo la strada aperta a coloro che ritengono di poter risolvere tutto sedando il bambino con una molecola psicoattiva. Ma esiste una corretta contemperazione tra la necessita' di risolvere un disagio e la necessita' di non drogare un organismo in via di sviluppo: la scienza ha molto da dire senza bisogno di somministrare uno psicofarmaco ad un minore, e sono tanti i protocolli non farmacologici scientificamente testati e risultati efficaci. L'ADHD –secondo il parere dei nostri medici e specialisti- e' "una costellazione aspecifica di sintomi": l'iperattivita' e' infatti un sintomo presente in oltre duecento vere patologie, come dimostrano centinaia di ricerche scientifiche sistematicamente ignorate o sottovalutate dagli organismi di controllo sanitario, ben selezionate e ripubblicate dal Prof. Claudio Ajmone, che –tra i primi nel nostro Paese a studiare ed approfondire il fenomeno– giustamente non si stanca mai di porre l'accento sull'imprescindibile necessita' di 'saper differenziare', invece che correre dietro alle mode e fare di tutta l'erba un fascio con una facile diagnosi psichiatrica che tranquillizza le coscienze di alcuni, deresponsabilizzandoli. Ha ragione Bill Carey, pediatra di un'umanita' straordinaria ed eccezionale professore universitario in Usa, quando ci mette in allerta dai pericoli del metodo "quick-fix" americano, le "soluzioni facili ai problemi complessi".
D – Dottor Poma, alcune ricerche sull'iperattivita' puntano il dito sugli effetti nefasti della televisione come 'baby-sitter' dei piu' piccoli…
R - Questo e' un altro spunto interessante: i bambini che guardano due o piu' ore di televisione al giorno sono destinati ad avere seri problemi di concentrazione ed iperattivita' da adolescenti, fino al 40% in piu' della norma. Questi sono i risultati di uno studio scientifico svolto in Nuova Zelanda analizzando la salute e i comportamenti di piu' di mille bambini, pubblicato sulla rivista scientifica americana 'Pediatrics'. L'iperattivita' in questo caso e' generata dall'eccessiva velocita' dei "frame", i fotogrammi che si alternano con i continui e rapidissimi cambiamenti di scena, e che stimolano eccessivamente i delicati cervelli in formazione.
"Questi bambini sembrano diventare intolleranti nei confronti di qualsiasi attivita' a ritmo piu' lento, quale lo studiare, l'andare a scuola, il giocare con i compagni'', si legge nello studio. Ebbene, mi chiedo come queste realta' possano essere cosi' sistematicamente e colpevolmente ignorate da alcuni. E' davvero folle e semplicistico –dinnanzi ad uno scenario cosi' complesso– ricondurre tutti i tipi di iperattivita' sotto l'unica etichetta di "ADHD", e' scientificamente assurdo: chi oggi lo fa, non si rende conto che consegna il proprio nome al ridicolo, agli occhi della scienza futura.
D - Ma lo psicofarmaco ha comunque degli effetti, quindi non e' inutile. Se lei fosse medico, dottor Poma, lo prescriverebbe?
R - Io sono un giornalista scientifico e non un medico, ma conosco numerosi medici e psichiatri che non lo prescrivono e non lo prescriverebbero mai, come so per certo che nemmeno Lei lo prescriverebbe dottor Parisi. Sono tutti intelligenti i medici che lo prescrivono e tutti 'oscurantisti medioevali' i loro colleghi che non lo prescrivono? Non penso.
D - Mentre per l'ISS non e' cosi'?
R - Per l'ISS, e per una parte della comunita' scientifica, questi psicofarmaci "curano", e questo e' quanto si legge sui loro protocolli. Anche in questo caso mentono, perche' gli stessi produttori quando sono messi alle strette ammettono che si tratta di farmaci che garantiscono un certo beneficio solo sul sintomo. In questo caso, specialisti "sono piu' realisti del Re", ovvero piu' organicisti delle stesse aziende farmaceutiche. Come ci ha ricordato in una bellissima intervista video il prof. Giorgio Antonucci, decano della psicoanalisi in Italia, il business ha sempre avuto bisogno dei suoi "paggetti", pronti a stracciarsi le vesti ed a squittire rumorosamente dinnanzi a chiunque metta in discussione la loro autonomia nel prescrivere qualunque cosa, che faccia bene o meno. E' cosi' che va da che mondo e' mondo, non dobbiamo certo stupirci.
D - E' stato recentemente messa in risalto, nelle cronache nazionali italiane, la situazione della scuola e gli invadenti tentativi di "medicalizzazione del disagio": sono sempre piu' frequenti i casi di bambini irrequieti e distratti che vengono etichettati "iperattivi" ed indirizzati dalle famiglie -su segnalazione della scuola- ai servizi di neuropsichiatria infantile per cure a base anche di psicofarmaci. Lei dottor Poma mi conferma queste circostanze?
R - Anche se il fenomeno e' agli inizi, e' un fatto, tanto che c'e' un'inchiesta della magistratura in corso proprio in questo periodo a Bologna, ma il fenomeno interessa anche altri capoluoghi. Ci sono associazioni favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci: sono genitori che li cercano e li danno ai propri figli. Questa e' una scelta giuridicamente legittima se sono prodotti autorizzati al commercio, ancorche' discutibile sotto altri profili. Questi genitori, presi dal sacro fuoco della "propaganda", si aggirano per le scuole o comunque coinvolgendo insegnanti nei loro "corsi di formazione", durante i quali spiegano che "l'ADHD e' una malattia e si cura con psicofarmaci". La scuola e' sempre stata un'anticamera della prescrizione, in tutti i Paesi dove i produttori hanno avviato programmi di marketing sul territorio, e ci sarebbe da approfondire l'eventuale "buona fede" di questi genitori, che negli USA ricevono lauti finanziamenti dalle multinazionali del farmaco. Spesso –ma non sempre– si tratta di famiglie che sono approdate allo psicofarmaco per disperazione, in assenza di soluzione alternative efficaci. Ma ci sono anche tanti altri genitori con bambini iperattivi che hanno trovato soluzioni differenti, perche' di questi si parla poco? Recentemente abbiamo attivato un altro sito, insieme con i sindacati CISL e CGIL e con le tre piu' rappresentative associazioni genitoriali italiane, CGD, AGE ed Agesc, a riprova che la maggioranza dei genitori italiani e' con noi: www.scuolaprotetta.it, dove insegnanti e famiglie possono iscriversi gratuitamente ad un corso di formazione a distanza su queste tematiche, perche' l'informazione completa e corretta e' la chiave di tutto, ed e' il migliore "antifurto" anti-abuso.
D - Ma esistono davvero soluzioni alternative efficaci?
R - Certamente si', come ho detto prima la scienza ha moltissimo da dire prima di dover somministrare uno psicofarmaco ad un bambino. Ma gli "sponsor" della soluzione
farmacologica hanno imbrogliato le carte per anni, sostenendo in totale mala fede l'equazione "psicofarmaco = scienza", e tutto il resto quindi non vale nulla. Abbiamo smascherato questa bugia, traducendo in italiano centinaia di ricerche scientifiche sull'argomento, pubblicate sul nostro portale http://www.giulemanidaibambini.org
Noi comunque ci occupiamo di fare informazione, non di indicare "soluzioni alternative", prova ne sia che riceviamo migliaia di lettere da genitori che ci chiedono di indicargli uno specialista che non usi psicofarmaci ma mai l'abbiamo fatto, non vogliamo "consigliare amici", non desideriamo cadere anche noi nella trappola del conflitto d'interesse come le nostre controparti: noi diamo informazioni sul problema, dati scientifici resi in linguaggio divulgativo, poi i genitori scelgano in totale liberta'.
D - Tuttavia e' opinione comune che lo psicofarmaco –ancorche' rischioso– agisca quasi immediatamente, mentre altre soluzioni terapeutiche sono magari efficaci, ma solo nel lungo periodo.
R - Intanto bisogna valutare qual e' il prezzo a medio-lungo termine di quest'effimero sollievo. E poi la scienza nuovamente ci e' d'aiuto per smascherare le bugie, i luoghi comuni, le teorie spacciate per verita' assolute: non sono pochi gli studi che hanno provato che dopo alcuni anni di terapia i farmaci utilizzati per l'ADHD non sono piu' efficaci della terapia comportamentale. Il National Institute of Mental Health (NIMH) ad esempio ha osservato 600 minori con ADHD. Lo studio concluse che -prendendo a campione un solo anno- il trattamento farmacologico -o la combinazione di trattamento farmacologico e terapia comportamentale- agivano meglio che non la sola psicoterapia. La stessa analisi su tre anni di follow-up ha indicato pero' che i farmaci "non hanno un effetto benefico" se confrontati con la sola terapia comportamentale, ed addirittura che il loro impatto potrebbe essere negativo a causa degli effetti collaterali, e che comunque "non sono stati osservati benefici dalla combinazione di farmaco e trattamento comportamentale rispetto alla sola terapia psicologica". Il co-autore dello studio, il Professor William Pelham dell'Universita' di Buffalo, ha dichiarato che "non ci sono particolari indicazioni positive per il lungo periodo circa l'assunzione dello psicofarmaco piuttosto che non assumere alcuno psicofarmaco", e che gli analisti avevano sopravvalutato l'impatto positivo dei farmaci nella prima fase dello studio. Chissa' come mai gli 'sponsor' dello psicofarmaco si "dimenticano" sempre di citare questi dati, ed anche le rare volte che li citano –e penso in questo caso all'Istituto Superiore di Sanita'– non li traducono poi in fatti applicandoli nelle proprie linee guida.
D - Molti, moltissimi soldi in gioco, quindi, al punto da far passare l'etica in secondo piano?
R - Forse si'. E' uno dei business del futuro, anzi, gia' del presente, che solo grazie un'attenta e faticosa opera di vigilanza sta venendo in parte contenuto nel nostro Paese. Il dibattito sull''epidemia' di ADHD si e' infuocato anche sulle piu' prestigiose riviste scientifiche. 'Nature' ha pubblicato un intervento al vetriolo sugli interessi economici che si nascondono dietro al boom di diagnosi e trattamenti di questa presunta patologia pediatrica. Steven Rose, del Department of Life Sciences della Open University, ha attaccato alcuni colleghi dicendo: "Se non ci rendiamo conto che viviamo nel mondo reale e qual e' la situazione nella quale questi psicofarmaci vengono venduti, acquistati, prescritti e somministrati, allora ogni dibattito di natura etica sara' sempre senza senso. La presunta incidenza dell'ADHD e' un po' troppo 'ballerina': meno dello 0,1 per cento in Gran Bretagna prima del 1990, e ora tra l'1 e il 5 per cento, elevatissima in Australia e Islanda, bassa in altri Paesi. Sono diagnosi spesso discutibili, le evidenze sono carenti. E intanto le vendite di farmaci a base di metilfenidato solo in Gran Bretagna sono passate dalle circa 2000 confezioni del 1991 alle circa 300.000 di oggi. Fa pensare che ci sia sotto qualcosa di piu' della moda, o no?". Considerazioni sagge e realistiche, queste di Rose.
D – Si', certo. A proposito dell'incidenza di questa presunta malattia sul territorio italiano le discussioni sono accese. Voi avete dati precisi?
R - I dati sono quelli ufficiali delle varie ricerche, e fanno inorridire solo a citarli: uno studio condotto in due regioni del centro Italia ha evidenziato una prevalenza pari al 3.6%; un altro studio con i pediatri della citta' di Torino ha dato una prevalenza del 2,52%; uno studio del 2002, lo 0,43%; uno studio, condotto nelle scuole di Firenze e Perugia, ha individuato un 3,8% di casi; a Roma sono stati condotti due studi pediatrici, nel 1999 e nel 2003, nel primo la prevalenza e' stata del 1,51%, nel secondo lo 0,91%; lo studio di Cesena del 2003 -condotto dai servizi territoriali su una popolazione di 11.980 soggetti di eta' compresa tra 7 e 14 anni– ha dato una prevalenza di disturbi dell'1,1%, e potremmo citare molti altri dati contraddittori. Ma e' scienza o e' una lotteria?
D - In occasione della Giornata Mondiale dell'Infanzia delle Nazioni Unite, il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napoletano ha insignito "Giu' le Mani dai Bambini" della "Targa d'Argento" come riconoscimento alla vostra attivita' ed ai meriti sociali della vostra campagna di sensibilizzazione. Come avete appreso la notizia?
R - Tramite una lettera dello stesso Presidente. Un'emozione indescrivibile per tutti i volontari coinvolti in questo progetto, un onore grande ed inaspettato. Anche un peso in termini di responsabilita', che non vogliamo e non dobbiamo deludere. La nostra e' una campagna di vigilanza e di denuncia anti-abuso, ma dai forti contenuti culturali: la nostra azione mira soprattutto a far riflettere noi adulti sulle modalita' di interazione con i piu' piccoli, e sul tipo di mondo e di societa' che stiamo per lasciare in eredita' ai nostri bambini. Forse sbaglio, ma mi azzardo ad immaginare che sia stato quest'aspetto a sollecitare l'attenzione del Presidente della Repubblica, prima ancora che non gli aspetti squisitamente 'clinici' del nostro lavoro.
D - Perche' ha scelto di dedicarsi a questa battaglia?
R - Un gruppo di amici ha detto 'NO' a qualcosa che ci piaceva poco, ed ha deciso di non stare a guardare e di fare qualcosa al riguardo, perche' non basta indignarsi, se poi non si passa all'azione. Siamo tutti fermamente convinti della necessita' di continuare a promuovere questa battaglia. Lo dobbiamo ai tanti Marco, Giovanni, Luisa, Angela che in qualche modo proteggiamo senza che neanche loro lo sappiano, ed al sacrosanto diritto di questi bimbi ad essere "diversi".
Grazie per l'intervista a Voi di Aduc.
Parisi - grazie molto alle sue informazioni dottor Poma.
di Giuseppe Parisi
4.9.08
2.9.08
Rockefeller si fa l’Arca di Noè. Cosa ci nasconde?
I lavori per lo scavo nel granito della Doomsday Seed Vault
Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle Svalbard (mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di febbrile completamento la superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione, muraglie di cemento armato spesse un metro.
La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen, dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l'isola è quasi deserta.
Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare dell'arcipelago, a «conservare per il futuro la biodiversità agricola».
Per la pubblicità, è «l'arca dell'Apocalisse» prossima ventura.
Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è la Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due colossi del geneticamente modificato), la Pioneer Hi-Bred che studia OGM per la multinazionale chimica DuPont; gruppo interessante a cui s'è recentemente unito Bill Gates, l'uomo più ricco della storia universale, attraverso la sua fondazione caritativa Bill & Melinda Gates Foundation.
Questa dà al progetto 30 milioni di dollari l'anno.
Ce ne informa l'ottimo William Engdahl (1) che ragiona: quella gente non butta soldi in pure utopie umanitarie.
Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del genere?
Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro per le università del mondo: che futuro avranno?
La Rockefeller Foundation , ci ricorda Engdahl, è la stessa che negli anni '70 finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di «rivoluzione agricola genetica».
Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione dell'Agricolture Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation), e poi dell'International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui partecipò la Fondazione Ford ).
Nel 1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il messicano (ma sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement Center, poi con un centro analogo per l'agricoltura tropicale (IITA, sede in Nigeria, dollari Rockefeller).
Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on International Agricolture Research.
In varie riunioni internazionali di esperti e politici tenuti nel centro conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR fece in modo di attrarre nel suo gioco la FAO (l'ente ONU per cibo e agricoltura), la Banca Mondiale (allora capeggiata da Robert McNamara) e lo UN Development Program.
La CGIAR invitò, ospitò e istruì generazioni di scienziati agricoli, specie del Terzo Mondo, sulle meraviglie del moderno agribusiness e sulla nascente industria dei semi geneticamente modificati.
Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una rete di influenza straordinaria per la penetrazione dell'agribusiness Monsanto.
«Con un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente investiti», scrive Engdahl, «negli anni '70 la Rockefeller Foundation si mise nella posizione di plasmare la politica agricola mondiale. E l'ha plasmata».
Tutto nel nome della scientificità umanitaria («la fame nel mondo») e di una nuova agricoltura adatta al mercato libero globale.
La genetica è una vecchia fissa dei Rockefeller: fino dagli anni '30, quando si chiamava «eugenetica», ed era studiata molto nei laboratori tedeschi come ricerca sulla purezza razziale.
La Rockefeller Foundation finanziò generosamente quegli scienziati, molti dei quali dopo la caduta di Hitler furono portati in USA dove continuarono a studiare e sperimentare.
La mappatura del gene, la sequenza del genoma umano, l'ingegneria genetica da cui Pannella e i suoi coristi si aspettano mirabolanti cure per i mali dell'uomo - insieme agli OGM brevettati da Monsanto, Syngenta ed altri giganti - sono i risultati di quelle ricerche ed esperimenti.
Nel 1946, del resto, Nelson Rockefeller lanciò la parola d'ordine propagandistica «Rivoluzione Verde» dal Messico, un viaggio nel quale lo accompagnava Henry Wallace, che era stato ministro dell'Agricoltura sotto Roosevelt, e si preparava a fondare la già citata Pioneer Hi-Bred Seed Company.
Norman Borlaug, l'agro-scienziato acclamato padre della Rivoluzione Verde con un Nobel per la pace, lavorava per i Rockefeller.
Lo scopo proclamato: vincere la fame del mondo, in India, in Messico.
Ma davvero Rockefeller spende soldi per l'umanità sofferente?
La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli anni '70, mentre nasceva la CGIAR : «Chi controlla il petrolio controlla il Paese; chi controlla il cibo, controlla la popolazione».
Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con la Standard Oil , guida del cartello petrolifero mondiale.
Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo pubblicitario per OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la produzione agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo Mondo, agli interessi di tre o quattro colossi dell'agribusiness euro-americano.
In pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e diffusione di nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati nei laboratori dei giganti multinazionali.
I semi ibridi hanno un carattere commercialmente interessante per il business: non si riproducono o si riproducono poco, obbligando i contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come fatto da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina.
Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio.
Sono praticamente un monopolio della Dekalb (Monsanto) e della Pioneer Hi-Bred (DuPont), le stesse aziende all'avanguardia negli OGM.
La relativa autosufficienza e sostenibilità auto-alimentantesi dell'agricoltura tradizionale era finita.
Ai semi ibridi seguirono le «necessarie» tecnologie agricole americane ad alto impiego di capitale, gli indispensabili fertilizzanti chimici Monsanto e DuPont e con l'arrivo degli OGM, gli assolutamente necessari anti-parassitari e diserbanti studiati apposti per quello specifico seme OGM.
Tutto brevettato, tutto costoso.
I contadini che per secoli avevano coltivato per l'autoconsumo e il mercato locale, poco importando e poco esportando, non avevano tanto denaro.
Ecco pronta la soluzione: lanciarsi nell'agricoltura «orientata ai mercati globali», produrre derrate non da consumo ma da vendita, cash-crop, raccolti per fare cassa.
Addio autosufficienza ed autoconsumo, addio chiusura alle importazioni superflue.
I contadini potevano vendere all'estero sì: sotto controllo di sei intermediari globali, colossi e titani come la Cargill , la Bunge Y Born, la Louis Dreyfus …
La Banca Mondiale di McNamara, soccorrevole, forniva ai regimi sottosviluppati prestiti per creare canali d'irrigazione moderni e dighe; la Chase Manhattan Bank dei Rockefeller si offriva - visto che i contadini non producevano mai abbastanza da ripagare i debiti contratti per comprare pesticidi, OGM e sementi ibride brevettati - di indebitare i contadini in regime privatistico.
Ma questo ai grandi imprenditori agricoli con latifondi.
I piccoli contadini, per le sementi-miracolo e i diserbanti e i fertilizzanti scientifici, si dovettero indebitare «sul mercato», ossia con gli usurai.
I tassi d'interesse sequestrarono il raccolto-miracolo; a molti, divorarono anche la terra.
I contadini, accade in India specialmente, dovettero lavorare una terra non più loro, per pagare i debiti.
La stessa rivoluzione sta prendendo piede in Africa.
Chilometri di monoculture di cotone geneticamente modificato, sementi sterili da comprare ogni anno.
E il meglio deve ancora arrivare.
Dal 2007 la Monsanto , insieme al governo USA, ha brevettato su scala mondiale di sementi «Terminator», ossia che commettono suicidio dopo il raccolto: una scoperta che chiamano, senza scrupoli, «Genetic Use Restriction Technology», ossia volta a ridurre l'uso di sementi non brevettate.
La estensione di sementi geneticamente modificate - ossia di cloni con identico corredo genetico - è ovviamente un pericolo incombente per le bocche umane: una malattia distrugge tutti i cloni, ed è la carestia.
Occorre la biodeversità, di cui si sciacquano le labbra ecologisti e verdi radicali.
E qui si comincia ad intuire perché si sta costruendo l'Arca di Noè delle sementi alle Svalbard: quando arriva la catastrofe, le sementi naturali dovranno essere controllate dal gruppo dell'agribusiness, e da nessun altro.
Le banche di sementi, secondo la FAO , sono 1.400, già per la maggior parte negli Stati Uniti.
Le più grandi sono usate e possedute da Monsanto, Syngenta, Dow Chemical, DuPont, che ne ricavano i corredi genetici da modificare.
Perché hanno bisogno di un'altra arca di Noè agricola alle Svalbard, con tanto di porte corazzate e allarmi anti-intrusione, scavata nella roccia.
Le altre banche sono in Cina, Giappone, Corea del sud, Germania, Canada, evidentemente non tutte sotto il controllo diretto dei grandi gruppi.
La tecnologia «Terminator» può suggerire uno scenario complottista fantastico: una malattia prima sconosciuta che infetta le sementi naturali conservate nelle banche fuori-controllo USA, obbligando a ricorrere al caveau delle Svalbard, l'unico indenne.
E' un pensiero che ci affrettiamo a scacciare: chi può osar diffamare benefattori dell'umanità affamata come Rockefeller, Monsanto, Bil Gates, Syngenta?
Ma Engdahl ricorda le parole del professor Francis Boyle, lo scienziato che stilò la prima bozza delle legge americana contro il terrorismo biologico (Biological Weapons anti-Terrorism Act), approvata dal Congresso nel 1989.
Francis Boyle sostiene che «il Pentagono sta attrezzandosi per combattere e vincere la guerra biologica», e che Bush ha a questo scopo emanato due direttive nel 2002, adottate «senza conoscenza del pubblico».
Per Boyle, nel biennio 2002-2004, il governo USA ha già speso 14,5 miliardi di dollari per le ricerche sulla guerra biologica.
Il National Institute of Health (ente governativo) ha connesso 497 borse di studio per ricerche su germi infettivi con possibilità militari.
La bio-ingegneria è ovviamente lo strumento principale in queste ricerche.
Jonathan King, professore al MIT, ha accusato: «I programmi bio-terroristici crescenti rappresentano un pericolo per la nostra stessa popolazione; questi programmi sono invariabilmente definiti 'difensivi', ma nel campo dell'armamento biologico, difensivo e offensivo si identificano».
Altre possibilità sono nell'aria, e Engdahl ne ricorda alcune.
Nel 2001, una piccola ditta di ingegneria genetica californiana, la Epicyte , ha annunciato di aver approntato un mais geneticamente modificato contenente uno spermicida: i maschi che se ne nutrivano diventavano sterili.
Epicyte aveva creato questa semente miracolo con fondi del Dipartimento dell'Agricoltura USA (USDA), il ministero che condivide con Monsanto i brevetti del Terminator; ed a quel tempo, la ditta aveva in corso una joint-venture con DuPont e Syngenta.
Ancor prima, anni ' 90, l 'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, ossia l'ONU) lanciò una vasta campagna per vaccinare contro il tetano le donne delle Filippine, Messico e Nicaragua, fra i 15 e i 45 anni.
Perché solo le donne?
Forse che gli uomini, nei Paesi poveri, sono esenti da tetano, e non si feriscono mai con ferri sporchi e arrugginiti?
Se lo domandò il Comite pro Vida, l'organizzazione cattolica messicana ben conscia delle campagne anti-natalità condotte in Sudamerica dai Rockefeller.
Fece esaminare il vaccino fornito dall'OMS gratuitamente e generosamente alle donne di età fertile: e scoprì che esso conteneva gonadotropina corionica umana, un ormone naturale che, attivato dal germe attenuato del tetano contenuto nel vaccino, stimolava speciali anticorpi che rendevano incapaci le donne di portare a termine la gravidanza.
Di fatto, un abortivo.
Risultò che questo vaccino-miracolo era il risultato di 20 anni di ricerche finanziate dalla Rockefeller Foundation, dal Population Council (dei Rockefeller), dalla CGIAR (Rockefeller), dal National Institute of Health (governo USA)… e anche la Norvegia aveva contribuito con 41 milioni di dollari al vaccino antitetanico-abortivo.
Guarda caso, lo stesso Stato che oggi partecipa all'Arca di Noè e che la sorveglierà nelle sue Svalbard.
Ciò fa tornare in mente ad Engdahl (non a noi) quella vecchia fissa dei Rockefeller per l'eugenetica del Reich: la linea di ricerca preferita era ciò che si chiamava «eugenetica negativa», e perseguiva l'estinzione sistematica delle razze indesiderate e dei loro corredi genetici.
Margaret Sanger, la femminista che fondò (coi soldi dei Rockefeller) il Planned Parenthood International, la ONG più impegnata nel diffondere gli anticoncezionali nel Terzo Mondo, aveva le idee chiare in proposito, quando lanciò un programma sociale nel 1939, chiamato «The Negro Project» (2).
Come scrisse in una lettera ad un amico fidato, il succo del progetto era questo: «Vogliamo eliminare la popolazione negra».
Ah pardon, scusate: non si dice «negro», si dice «nero», «afro-americano».
E' questo che conta davvero, per i progressisti.
Maurizio Blondet
www.disinformazione.it
21 DICEMBRE 2012
I Maya acquisiscono conoscenze astronomiche di straordinaria importanza mentre l'Europa attraversa ancora l'età oscura del medio evo. Tutta la civiltà ruota attorno calcoli astronomici precisissimi riportati strutturalmente persino nelle costruzioni degli Ziggurat. Essi non credono nella linearità del tempo ma alla sua ciclicità, identificando tempi di ritorno per eventi di importanza maggiore o minore.
Purtroppo quasi tutti i documenti scritti dai Maya furono distrutti dagli spagnoli al seguito di Fernando Cortez nel XVI secolo ma alcuni di quelle tavole furono nascoste dai sacerdoti e sono riuscite ad arrivare fino a noi. La più importante di tutte viene chiamata codice di Dresda (in figura) in quanto si trova attualmente nella città tedesca. Il suo esame cominciò nel 1880 ma soltanto negli anni '80 si è giunti ad una sua completa traduzione. Essa contiene informazioni precisissime sulle eclissi e sugli eventi della fine del tempi, identificati secondo il calendario Maya con la data del 21 Dicembre 2012. ma come funziona un calendario Maya?
Per la nostra civiltà il tempo è una linea retta che parte da un punto preciso e continua. I Maya credevano che un evento verificatosi nel passato si sarebbe ciclicamente ripetuto. Il calendario Maya dunque replica il tempo attraverso cicli. Il giorno, unità base viene chiamato 'kin' segue Il numero 20 che è un po' una sorta di mese, esso è chiamato 'uinal'. C'è poi il periodo 'tun' 20x18= 360 giorni; Un periodo 'k'atun' 20x360 = 7200 giorni; Un periodo 'B'aktun' 20x7200 =144000 giorni. La data era quindi costituita secondo questi periodi, essa contava 5 cifre ad esempio 7.9.14.12.18 ovvero 7 baktun, 9 katun, 14 tun, 12 uinal e 18 kin.
I kin, i tun e i katun erano numerati da 0 a 19, mentre gli uinal andavano da 0 a 17 e i baktun da 1 a 13. Ciò significa che la data presa come esempio corrisponde al giorno n. 1078098 dall'inizio del conteggio: infatti 18 + 12 x 20 + 14 x 18 x 20 + 9 x 20 x 18 x 20 + 7 x 20 x 20 x 18 x 20 = 1078098. Data di partenza è considerata il 13.0.0.0.0 (che equivarrebbe allo 0.0.0.0.0, se il baktun cominciasse da 0 anziché da 1), coincidente con quella conclusiva, oltre la quale il ciclo ricomincia. Un ciclo completo ha una durata di 1872000 giorni, cioè circa 5125 anni (1872000 = 13 x 144000). Esso costituisce la durata complessiva del 'lungo computo' il calendario con il quale veniva misurato l'effettivo scorrere del tempo.
Esistevano però almeno 3 calendari: Un primo calendario della durata di 365 giorni costituito da 18 mesi di 20 giorni ciascuno a cui si aggiungono 5 giorni con i quali si completa il ciclo (18x20=360; 360+5=365), questi 5 giorni sono considerati molto sfortunati. Corrisponde al nostro calendario solare. Un secondo calendario ha la durata di 260 giorni ed è costituito da 13 mesi di 20 giorni ognuno, si tratta per lo più di un calendario cerimoniale, basato sul periodo della gestazione della donna, veniva utilizzato per raccordare gli eventi celesti con quelli terreni. Eclissi e cicli di venere venivano previsti con questo calendario. Combinando i primi due calendari si ottiene un periodo della durata di 52 anni, al termine del quale i Maya temevano sempre un evento particolarmente catastrofico. Infine l'ultimo calendario denominato lungo computo, il lungo computo contiene i precedenti calendari e misura il tempo dalla nascita mitica della loro civiltà, l'11 o il 13 agosto 3114 a.C. del calendario gregoriano (ciò significa il 6 o l'8 settembre 3114 a.C. del calendario giuliano), e quindi quella conclusiva del ciclo (corrispondente al 13.0.0.0.0) dovrebbe cadere il 21 o il 23 dicembre 2012.
La fine coincide dunque in modo non casuale con il solstizio d'inverno e naturalmente con la fine dell'anno solare secondo il nostro calendario ma non solo. Il 21 Dicembre del 2012 la terra assieme al sole ed al tutto il sistema solare avrà compiuto un 'anno galattico' ovvero un giro completo attorno alla galassia della durata di 25625 anni. Ma le coincidenze non finiscono qui, il 21 Dicembre del 2012 l'asse terrestre avrà anche percorso un giro completo attorno al proprio centro di rotazione secondo la ben nota precessione degli equinozi, per farlo occorrono 25560 anni. I Maya conoscevano il fenomeno della precessione e lo identificavano con l'anno galattico definendolo come periodo complessivo di durata di una civiltà. Questo periodo viene diviso in 5 ere della durata ognuna di 5125 anni. 4 ere sono già passate, l'ultima (quella dell'oro) sta per terminare. Il 21 Dicembre del 2012 il Sole sarà anche allineato con il centro della nostra galassia e si troverà in quella che i Maya definivano con l'entrata nell'aldilà.
Tutte queste conoscenze portarono i Maya a decidere di terminare consapevolmente il lungo computo il 21 dicembre del 2012. Sappiamo poco su come essi immaginassero la fine del mondo, quello che sappiamo per certo è che prestavano molta attenzione alla fine di ogni era. L'unica immagine possiamo averla osservando l'ultima pagina del codice di Dresda. In essa si vede l'acqua che distrugge il mondo, essa fuoriesce dai vulcani, dal Sole e dalla Luna creando oscurità sulla luce.
La terra verrà allora sommersa da una serie di inondazioni? La catastrofe di New Orleans è solo l'inizio dei mutamenti climatici che porteranno a degli sconvolgimenti su scala planetaria? Il ciclo k'atun 4 cominciato nel 1993 e che terminerà proprio il 21 Dicembre del 2012, viene descritto nei testi sacri Maya come una fase di preludio di grandi cambiamenti, un periodo in cui l'uomo riprenderà contatto con se stesso, questa presa di coscienza sarà determinata da eventi catastrofici? Viviamo un periodo di grandi cambiamenti e non si può certamente negare, ma non sembriamo ancora pronti ad affrontare delle trasformazioni necessarie perché la nostra civiltà riesca a sopravvivere molto a lungo, sarà la natura ad imporci di farlo?.
Certo non è realistico aspettarsi che le cose cambino in un giorno ma forse un giorno si guarderà a quella data come un momento in cui la coscienza dell'uomo sarà cambiata in funzione dei bisogni dell'umanità e del pianeta. La domanda giusta allora non è 'Cosa accadrà il 21 Dicembre del 2012?', ma 'Cosa stiamo facendo per evitare che una qualsivoglia catastrofe colpisca l'umanità?'. Solo il tempo potrà dirlo ed il tempo come i Maya sapevano bene, sta per scadere...
non conosco ancora molto bene l'argomento, sto cercando di documentarmi meglio, spero che qualcuno lo conosca meglio di me, ma pare che questa data risali a molto tempo fa, e che non solo una popolazione abbia predetto che nel 21 dicembre 2012 ci sia un grosso cambiamento, ma bencinque (o quattro non ricordo bene) popolazioni, riconducono a questa data e queste non avevano nessun collegamento fra loro (forse c'è scritto pure sull'argomentazione che ho allegato non ricordo). Pare che i maya abbiamo gia predetto diverse cose, come ad esempio eclissi solari, con un margine di errore di 30 secondi, ma parliamo di eclissi non di centinaia ma di migliaia di anni dai giorni loro. Questo fa riflettere davvero sulle capacità dei maya.
Guardate ad esempio questa puntata di Voyager:
http://it.youtube.com/watch?v=CfWtt92qRsY
http://it.youtube.com/watch?v=wMjBNZ55EP4&feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=uJD0HYqVnWE&feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=O823SGqpLHg&feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=RZmzhMcjDVU
Purtroppo quasi tutti i documenti scritti dai Maya furono distrutti dagli spagnoli al seguito di Fernando Cortez nel XVI secolo ma alcuni di quelle tavole furono nascoste dai sacerdoti e sono riuscite ad arrivare fino a noi. La più importante di tutte viene chiamata codice di Dresda (in figura) in quanto si trova attualmente nella città tedesca. Il suo esame cominciò nel 1880 ma soltanto negli anni '80 si è giunti ad una sua completa traduzione. Essa contiene informazioni precisissime sulle eclissi e sugli eventi della fine del tempi, identificati secondo il calendario Maya con la data del 21 Dicembre 2012. ma come funziona un calendario Maya?
Per la nostra civiltà il tempo è una linea retta che parte da un punto preciso e continua. I Maya credevano che un evento verificatosi nel passato si sarebbe ciclicamente ripetuto. Il calendario Maya dunque replica il tempo attraverso cicli. Il giorno, unità base viene chiamato 'kin' segue Il numero 20 che è un po' una sorta di mese, esso è chiamato 'uinal'. C'è poi il periodo 'tun' 20x18= 360 giorni; Un periodo 'k'atun' 20x360 = 7200 giorni; Un periodo 'B'aktun' 20x7200 =144000 giorni. La data era quindi costituita secondo questi periodi, essa contava 5 cifre ad esempio 7.9.14.12.18 ovvero 7 baktun, 9 katun, 14 tun, 12 uinal e 18 kin.
I kin, i tun e i katun erano numerati da 0 a 19, mentre gli uinal andavano da 0 a 17 e i baktun da 1 a 13. Ciò significa che la data presa come esempio corrisponde al giorno n. 1078098 dall'inizio del conteggio: infatti 18 + 12 x 20 + 14 x 18 x 20 + 9 x 20 x 18 x 20 + 7 x 20 x 20 x 18 x 20 = 1078098. Data di partenza è considerata il 13.0.0.0.0 (che equivarrebbe allo 0.0.0.0.0, se il baktun cominciasse da 0 anziché da 1), coincidente con quella conclusiva, oltre la quale il ciclo ricomincia. Un ciclo completo ha una durata di 1872000 giorni, cioè circa 5125 anni (1872000 = 13 x 144000). Esso costituisce la durata complessiva del 'lungo computo' il calendario con il quale veniva misurato l'effettivo scorrere del tempo.
Esistevano però almeno 3 calendari: Un primo calendario della durata di 365 giorni costituito da 18 mesi di 20 giorni ciascuno a cui si aggiungono 5 giorni con i quali si completa il ciclo (18x20=360; 360+5=365), questi 5 giorni sono considerati molto sfortunati. Corrisponde al nostro calendario solare. Un secondo calendario ha la durata di 260 giorni ed è costituito da 13 mesi di 20 giorni ognuno, si tratta per lo più di un calendario cerimoniale, basato sul periodo della gestazione della donna, veniva utilizzato per raccordare gli eventi celesti con quelli terreni. Eclissi e cicli di venere venivano previsti con questo calendario. Combinando i primi due calendari si ottiene un periodo della durata di 52 anni, al termine del quale i Maya temevano sempre un evento particolarmente catastrofico. Infine l'ultimo calendario denominato lungo computo, il lungo computo contiene i precedenti calendari e misura il tempo dalla nascita mitica della loro civiltà, l'11 o il 13 agosto 3114 a.C. del calendario gregoriano (ciò significa il 6 o l'8 settembre 3114 a.C. del calendario giuliano), e quindi quella conclusiva del ciclo (corrispondente al 13.0.0.0.0) dovrebbe cadere il 21 o il 23 dicembre 2012.
La fine coincide dunque in modo non casuale con il solstizio d'inverno e naturalmente con la fine dell'anno solare secondo il nostro calendario ma non solo. Il 21 Dicembre del 2012 la terra assieme al sole ed al tutto il sistema solare avrà compiuto un 'anno galattico' ovvero un giro completo attorno alla galassia della durata di 25625 anni. Ma le coincidenze non finiscono qui, il 21 Dicembre del 2012 l'asse terrestre avrà anche percorso un giro completo attorno al proprio centro di rotazione secondo la ben nota precessione degli equinozi, per farlo occorrono 25560 anni. I Maya conoscevano il fenomeno della precessione e lo identificavano con l'anno galattico definendolo come periodo complessivo di durata di una civiltà. Questo periodo viene diviso in 5 ere della durata ognuna di 5125 anni. 4 ere sono già passate, l'ultima (quella dell'oro) sta per terminare. Il 21 Dicembre del 2012 il Sole sarà anche allineato con il centro della nostra galassia e si troverà in quella che i Maya definivano con l'entrata nell'aldilà.
Tutte queste conoscenze portarono i Maya a decidere di terminare consapevolmente il lungo computo il 21 dicembre del 2012. Sappiamo poco su come essi immaginassero la fine del mondo, quello che sappiamo per certo è che prestavano molta attenzione alla fine di ogni era. L'unica immagine possiamo averla osservando l'ultima pagina del codice di Dresda. In essa si vede l'acqua che distrugge il mondo, essa fuoriesce dai vulcani, dal Sole e dalla Luna creando oscurità sulla luce.
La terra verrà allora sommersa da una serie di inondazioni? La catastrofe di New Orleans è solo l'inizio dei mutamenti climatici che porteranno a degli sconvolgimenti su scala planetaria? Il ciclo k'atun 4 cominciato nel 1993 e che terminerà proprio il 21 Dicembre del 2012, viene descritto nei testi sacri Maya come una fase di preludio di grandi cambiamenti, un periodo in cui l'uomo riprenderà contatto con se stesso, questa presa di coscienza sarà determinata da eventi catastrofici? Viviamo un periodo di grandi cambiamenti e non si può certamente negare, ma non sembriamo ancora pronti ad affrontare delle trasformazioni necessarie perché la nostra civiltà riesca a sopravvivere molto a lungo, sarà la natura ad imporci di farlo?.
Certo non è realistico aspettarsi che le cose cambino in un giorno ma forse un giorno si guarderà a quella data come un momento in cui la coscienza dell'uomo sarà cambiata in funzione dei bisogni dell'umanità e del pianeta. La domanda giusta allora non è 'Cosa accadrà il 21 Dicembre del 2012?', ma 'Cosa stiamo facendo per evitare che una qualsivoglia catastrofe colpisca l'umanità?'. Solo il tempo potrà dirlo ed il tempo come i Maya sapevano bene, sta per scadere...
non conosco ancora molto bene l'argomento, sto cercando di documentarmi meglio, spero che qualcuno lo conosca meglio di me, ma pare che questa data risali a molto tempo fa, e che non solo una popolazione abbia predetto che nel 21 dicembre 2012 ci sia un grosso cambiamento, ma bencinque (o quattro non ricordo bene) popolazioni, riconducono a questa data e queste non avevano nessun collegamento fra loro (forse c'è scritto pure sull'argomentazione che ho allegato non ricordo). Pare che i maya abbiamo gia predetto diverse cose, come ad esempio eclissi solari, con un margine di errore di 30 secondi, ma parliamo di eclissi non di centinaia ma di migliaia di anni dai giorni loro. Questo fa riflettere davvero sulle capacità dei maya.
Guardate ad esempio questa puntata di Voyager:
http://it.youtube.com/watch?v=CfWtt92qRsY
http://it.youtube.com/watch?v=wMjBNZ55EP4&feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=uJD0HYqVnWE&feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=O823SGqpLHg&feature=related
http://it.youtube.com/watch?v=RZmzhMcjDVU
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