"solo chi ha vissuto le multinazionali del farmaco dall'interno ne ha chiara l'inaudita potenza".
(Loris Jacopo Bononi - Pfitzer Farmaceutica )
Giovane universitario, come tanti altri, ci spostavamo tra le corsie, osservavamo tanti pazienti, sovente con "altalene" che attraversavano la vita,una volta tra le corsie di Geriatria, e mezz'ora dopo nelle corsie di pediatria.
Non era cosi' semplice respirarne l'enorme valenza che vibrava tra le cliniche dei piani differenti, almeno non tutti lo avvertivamo.
Oggi alla luce di una differente esperienza, abbiamo compreso che la ricerca farmacologica in ambito pediatrico attuata dalle multinazionali, soffre soprattutto per la peculiarita' degli aspetti clinici pediatrici.
In parole piu' semplici, se e' potenzialmente difficile "creare" e quindi investire capitale e risorse umane per elaborare un "formula chimica" e quindi il farmaco, lo e' molto di piu' se lo stesso deve essere creato per i bambini.
E' semplicemente pura verita' che nell'oceanica farmacopea, solo meno del 30 % di tutti i farmaci e' sostanzialmente utile, il resto e' la risultanza di fenomeni di marketing che non hanno riscontro se non nella logica del business .
In ambiti pediatrici, il distacco tra utilita' e marketing si fa piu' ampio.
Una delle piu' importanti metodologie di marketing, messe in azione e gestite dalle multinazionali del farmaco, e' la messa in scena di "nuove patologie" che non hanno riscontri in un approccio razionale al paziente.
Qualche settimana fa, mentre leggevo, sono traballato dalla sedia: l'EMEA -l'Agenzia di controllo europea sui farmaci– aveva approvato l'uso del Prozac per i bambini. Il Prozac, chiamato anche "pillola della felicita'", sostanzialmente e' una molecola chimica della famiglia degli antidepressivi. Negli ultimi 30 anni il consumo di queste molecole per la Felicita', non si e' centuplicato, bensi' milluplicato. Recentemente The Guardian, quotidiano severo e decisamente autonomo, asseriva che se si analizzassero le acque dell'acquedotto di Londra, nelle stesse acque che dissetano milioni di abitanti adulti e bambini, si scoprirebbe una quantita' industriale di molecole chimiche, tra le quali spiccherebbe per la maggior presenza il Prozac. Il segnale lanciato da The Guardian e' molto chiaro. Oggi, in Italia, il Prozac puo' essere prescritto anche ai bambini. Noi abbiamo deciso di parlarne con degli esperti, con qualificati professionisti riuniti in diversi ambiti e gruppi che fanno capo al portale http://www.giulemanidaibambini.org, che da anni seguono attentamente le vicende che, piu' che dell'incredibile, hanno sottostanti risvolti da film dell'horror.
Abbiamo intervistato il dottor Luca Poma, giornalista scientifico, e portavoce dell'associazione "Giu' le mani dai bambini".
D - Buon giorno, grazie per la sua disponibilita', ci vuole dire che cosa sta accadendo?
R – esistono strategie per medicalizzare sempre piu' il disagio dei bambini, e questo lo troviamo inaccettabile. Gli interessi delle multinazionali del farmaco sono molto ben rappresentate, anche in Italia all'interno delle nostre istituzioni, la 'capacita' di fuoco' di queste aziende – attente innanzitutto ai profitti – e' davvero elevata. Come ebbe a dire Loris Jacopo Bononi, gia' elemento di punta della Pfitzer, "solo chi ha vissuto le multinazionali del farmaco dall'interno ne ha chiara l'inaudita potenza". Siamo comunque convinti che la partita vada giocata non tanto sul "vietare" qualcosa, quanto sull'informazione per una scelta consapevole. Il grande lavoro che stiamo facendo da quattro anni a questa parte e' quello di sensibilizzare le famiglie, informarle dei rischi di queste terapie a base di psicofarmaci, dell'inutilita' di strategie terapeutiche "tampone" che non risolvono nulla. Su questo piano siamo vincenti, la percezione del problema in Italia e' radicalmente cambiata nell'ultimo periodo, con buona pace del business di big pharma, il cui marketing sui bambini –su questi temi- sta trovando meno in Italia. Ma bisogna continuare, e tenere altissima la soglia di vigilanza sul problema.
D – Alcuni dirigenti dell'Istituto Superiore di Sanita' sostengono nei convegni che in Italia si prescrivono molti meno psicofarmaci che in altri Paesi del mondo. E' vero?
R - Non certo per merito loro, non solo, perlomeno. "Giu' le Mani dai Bambini" fa il suo ingresso sulla scena italiana quando l'ISS era prossimo a rendere disponibile il modulo di consenso informato che le famiglie devono firmare prima di poter somministrare lo psicofarmaco al proprio figlio: mancavano la meta' degli effetti collaterali "perche' –dicevano alcuni- e' inutile scrivere tutto, tanto la gente non legge". Incidentalmente, gli effetti avversi non segnalati erano i piu' gravi. Ebbene, dal momento che per stessa ammissione del'ISS quei documenti erano il frutto di un anno e mezzo di lavoro del loro staff, delle due l'una: o i funzionari sono corrotti, e non ho motivo di pensarlo, oppure –ed e' piu' probabile– sono cosi' appiattiti su certe posizioni da non rendersi neppure conto della direzione che rischia di prendere l'intera questione. Per questo ultimamente nell'ambiente accademico alcuni hanno preso a chiamarli "piccoli notai dell'Adhd": il loro interesse –questo perlomeno e' quello che traspare dalle azioni di diversi tra questi personaggi– e' quello di mantenere lo 'status quo' ed applicare alla prescrizione di psicofarmaci ai bambini quel grado di prudenza sufficiente a non rendersi ulteriormente attaccabili dall'opinione pubblica.
D - Psicofarmaci solo nei casi estremi, e sotto stretto controllo medico?
R - Queste sono chiacchiere, frasi fatte che abbiamo sentito mille volte, utili per la propaganda, per dipingersi come "accorti e prudenti". Il dirigente di un organismo sanitario di controllo mi ha confessato pochi giorni fa via e-mail di essere convinto che con le prescrizioni di psicofarmaci relativamente basse in Italia "si sta negando l'accesso agli psicofarmaci a bambini che ne trarrebbero giovamento". Quando sento queste cose inorridisco, come se lo psicofarmaco fosse la soluzione ideale per bambini con problemi del comportamento.
D - l'Agenzia Italiana del Farmaco come si comporta?
R - l'EMEA ovvero l'Agenzia Europea del Farmaco, che 'curiosamente' dipende dalla Direzione Generale Industria e non dalla dirigenza della Sanita', ha deliberato su richiesta della casa produttrice Ely Lilly la possibilita' di somministrare il Prozac a bambini di otto anni. Lasciamo per un istante da parte le valutazioni di merito afferenti la decisione di somministrare un potente psicofarmaco in cosi' tenera eta', e concentriamoci sulla reazione dell'AIFA.
D – dottor Poma! per favore mi dica che sono confuso …. : l'Italia ha recepito questa raccomandazione?
R - … di fronte alle proteste nostre e di altre ONG, i vari funzionari di ISS ed AIFA hanno alzato le braccia al Cielo…. dicendo che "trattandosi di una delibera Europea non si poteva fare nulla". Questo e' falso: il Codice Farmaceutico -che e' la legge dello Stato che regola i rapporti in tema di farmaci tra i produttori, tra l'Italia e l'Unione Europea- dice molto chiaramente all'articolo n. 43 che l'AIFA "in caso di rischio potenziale grave per la salute pubblica puo' non approvare il rapporto di valutazione sul farmaco, il riassunto delle caratteristiche del prodotto, l'etichettatura od il foglio illustrativo predisposti, comunicando la motivazione approfondita della propria posizione a tutti gli altri Stati membri interessati e all'industria richiedente", avviando di fatto un contenzioso o richiedendo comunque misure piu' restrittive. Noi abbiamo sollevato questo problema con l'AIFA, e non dico che loro non sono riusciti a far valere principi di maggiore prudenza: dico che neppure ci hanno provato!
D – ma cosa mi dice dottor Poma? E' vergognoso! Non si puo' giocare con la vita degli altri, ancor piu' dei bambini! Quindi non ci hanno nemmeno provato???
Dottor Poma, lei sa bene che una recente revisione delle ricerche scientifiche sul Prozac ha provato che e' poco piu' efficace di una pillola di zucchero…. Come commenta questa notizia comparsa su prestigiose pubblicazioni scientifiche?
R - Il Prozac e' stato definito da alcuni medici come una "fabbrica di malattie", tanti sono i potenziali effetti collaterali. Lo si assume, e poi si ha necessita' di altri medicinali per proteggere il fegato, perche' e' potenzialmente epatotossico, altri per il cuore, per evitare complicazioni cardio-circolatorie, altri per il problema dell'induzione al suicidio, etc. Come si possa autorizzare l'uso di una molecola del genere su un bambino di otto anni e' un mistero.
D – si', e' un mistero che dovremmo farcelo spiegare dai nostri politici…. Adesso spostiamoci sulla iperattivita' dei bambini, la cosiddetta Adhd. E' una malattia?
R - Che ce lo provino. Ad oggi nessun marcatore biologico dell'iperattivita' e' mai stato individuato, non esiste alcuna prova certa che l'essere distratti, agitati ed incontrollabili -in nessuna forma ed intensita'– sia una malattia di origine biologica. Tutti gli studi che tendevano a provare questa circostanza sono stati successivamente confutati per grave pregiudizio editoriale. Un esempio tipico sono le ricerche effettuate con il supporto della "neuroimmagine" che volevano provare che la struttura cerebrale dei bimbi iperattivi sarebbe differente da quella dei bambini normali: peccato che si siano 'dimenticati' di evidenziare che i bimbi usati per questi esperimenti erano gia' in cura con psicofarmaci, con il risultato che non sapremo mai se le lievi differenze riscontrate a livello cerebrale siano imputabili alla presunta malattia od al farmaco stesso, che com'e' noto altera l'equilibrio neurologico. Tutte le ricerche citate 'a pappagallo' dalle associazioni genitoriali favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, sono parziali, frutto di un'impostazione preconcetta, non sono veramente indipendenti dagli interessi dei produttori, ed infine sono scientificamente confutabili. E comunque, per ognuna di esse se ne possono citare due che sostengono esattamente il contrario, quindi –come minimo– la prudenza su questi temi dovrebbe essere la parola d'ordine.
D - Se non e' una malattia, cos'e'?
R - Vorrei precisare che non dobbiamo commettere l'errore di derubricare a semplice "vivacita'" certi problemi di comportamento: un bambino che non sta seduto per piu' di 10 minuti, che prende a forbiciate i compagni, insulta la maestra, si arrampica sulle tende, scappa dai genitori ad ogni occasione, urla al cinema e tira giu' a calci gli scaffali dei supermercati non e' solo "un po' vivace". Vede, chi sostiene questo, oltre che esporsi alle facili –ed in questo caso del tutto comprensibili- critiche degli 'sponsor' della soluzione farmacologica, non rende soprattutto un buon servizio al bambino stesso: certi disagi vanno comunque presi in carico.
La domanda seria da porci casomai e': "che tipo di risposta noi adulti diamo a questo disagio". Ovvio che se diamo retta agli imbecilli che preferiscono non intervenire mai in alcun modo sul bambino, lasciamo la strada aperta a coloro che ritengono di poter risolvere tutto sedando il bambino con una molecola psicoattiva. Ma esiste una corretta contemperazione tra la necessita' di risolvere un disagio e la necessita' di non drogare un organismo in via di sviluppo: la scienza ha molto da dire senza bisogno di somministrare uno psicofarmaco ad un minore, e sono tanti i protocolli non farmacologici scientificamente testati e risultati efficaci. L'ADHD –secondo il parere dei nostri medici e specialisti- e' "una costellazione aspecifica di sintomi": l'iperattivita' e' infatti un sintomo presente in oltre duecento vere patologie, come dimostrano centinaia di ricerche scientifiche sistematicamente ignorate o sottovalutate dagli organismi di controllo sanitario, ben selezionate e ripubblicate dal Prof. Claudio Ajmone, che –tra i primi nel nostro Paese a studiare ed approfondire il fenomeno– giustamente non si stanca mai di porre l'accento sull'imprescindibile necessita' di 'saper differenziare', invece che correre dietro alle mode e fare di tutta l'erba un fascio con una facile diagnosi psichiatrica che tranquillizza le coscienze di alcuni, deresponsabilizzandoli. Ha ragione Bill Carey, pediatra di un'umanita' straordinaria ed eccezionale professore universitario in Usa, quando ci mette in allerta dai pericoli del metodo "quick-fix" americano, le "soluzioni facili ai problemi complessi".
D – Dottor Poma, alcune ricerche sull'iperattivita' puntano il dito sugli effetti nefasti della televisione come 'baby-sitter' dei piu' piccoli…
R - Questo e' un altro spunto interessante: i bambini che guardano due o piu' ore di televisione al giorno sono destinati ad avere seri problemi di concentrazione ed iperattivita' da adolescenti, fino al 40% in piu' della norma. Questi sono i risultati di uno studio scientifico svolto in Nuova Zelanda analizzando la salute e i comportamenti di piu' di mille bambini, pubblicato sulla rivista scientifica americana 'Pediatrics'. L'iperattivita' in questo caso e' generata dall'eccessiva velocita' dei "frame", i fotogrammi che si alternano con i continui e rapidissimi cambiamenti di scena, e che stimolano eccessivamente i delicati cervelli in formazione.
"Questi bambini sembrano diventare intolleranti nei confronti di qualsiasi attivita' a ritmo piu' lento, quale lo studiare, l'andare a scuola, il giocare con i compagni'', si legge nello studio. Ebbene, mi chiedo come queste realta' possano essere cosi' sistematicamente e colpevolmente ignorate da alcuni. E' davvero folle e semplicistico –dinnanzi ad uno scenario cosi' complesso– ricondurre tutti i tipi di iperattivita' sotto l'unica etichetta di "ADHD", e' scientificamente assurdo: chi oggi lo fa, non si rende conto che consegna il proprio nome al ridicolo, agli occhi della scienza futura.
D - Ma lo psicofarmaco ha comunque degli effetti, quindi non e' inutile. Se lei fosse medico, dottor Poma, lo prescriverebbe?
R - Io sono un giornalista scientifico e non un medico, ma conosco numerosi medici e psichiatri che non lo prescrivono e non lo prescriverebbero mai, come so per certo che nemmeno Lei lo prescriverebbe dottor Parisi. Sono tutti intelligenti i medici che lo prescrivono e tutti 'oscurantisti medioevali' i loro colleghi che non lo prescrivono? Non penso.
D - Mentre per l'ISS non e' cosi'?
R - Per l'ISS, e per una parte della comunita' scientifica, questi psicofarmaci "curano", e questo e' quanto si legge sui loro protocolli. Anche in questo caso mentono, perche' gli stessi produttori quando sono messi alle strette ammettono che si tratta di farmaci che garantiscono un certo beneficio solo sul sintomo. In questo caso, specialisti "sono piu' realisti del Re", ovvero piu' organicisti delle stesse aziende farmaceutiche. Come ci ha ricordato in una bellissima intervista video il prof. Giorgio Antonucci, decano della psicoanalisi in Italia, il business ha sempre avuto bisogno dei suoi "paggetti", pronti a stracciarsi le vesti ed a squittire rumorosamente dinnanzi a chiunque metta in discussione la loro autonomia nel prescrivere qualunque cosa, che faccia bene o meno. E' cosi' che va da che mondo e' mondo, non dobbiamo certo stupirci.
D - E' stato recentemente messa in risalto, nelle cronache nazionali italiane, la situazione della scuola e gli invadenti tentativi di "medicalizzazione del disagio": sono sempre piu' frequenti i casi di bambini irrequieti e distratti che vengono etichettati "iperattivi" ed indirizzati dalle famiglie -su segnalazione della scuola- ai servizi di neuropsichiatria infantile per cure a base anche di psicofarmaci. Lei dottor Poma mi conferma queste circostanze?
R - Anche se il fenomeno e' agli inizi, e' un fatto, tanto che c'e' un'inchiesta della magistratura in corso proprio in questo periodo a Bologna, ma il fenomeno interessa anche altri capoluoghi. Ci sono associazioni favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci: sono genitori che li cercano e li danno ai propri figli. Questa e' una scelta giuridicamente legittima se sono prodotti autorizzati al commercio, ancorche' discutibile sotto altri profili. Questi genitori, presi dal sacro fuoco della "propaganda", si aggirano per le scuole o comunque coinvolgendo insegnanti nei loro "corsi di formazione", durante i quali spiegano che "l'ADHD e' una malattia e si cura con psicofarmaci". La scuola e' sempre stata un'anticamera della prescrizione, in tutti i Paesi dove i produttori hanno avviato programmi di marketing sul territorio, e ci sarebbe da approfondire l'eventuale "buona fede" di questi genitori, che negli USA ricevono lauti finanziamenti dalle multinazionali del farmaco. Spesso –ma non sempre– si tratta di famiglie che sono approdate allo psicofarmaco per disperazione, in assenza di soluzione alternative efficaci. Ma ci sono anche tanti altri genitori con bambini iperattivi che hanno trovato soluzioni differenti, perche' di questi si parla poco? Recentemente abbiamo attivato un altro sito, insieme con i sindacati CISL e CGIL e con le tre piu' rappresentative associazioni genitoriali italiane, CGD, AGE ed Agesc, a riprova che la maggioranza dei genitori italiani e' con noi: www.scuolaprotetta.it, dove insegnanti e famiglie possono iscriversi gratuitamente ad un corso di formazione a distanza su queste tematiche, perche' l'informazione completa e corretta e' la chiave di tutto, ed e' il migliore "antifurto" anti-abuso.
D - Ma esistono davvero soluzioni alternative efficaci?
R - Certamente si', come ho detto prima la scienza ha moltissimo da dire prima di dover somministrare uno psicofarmaco ad un bambino. Ma gli "sponsor" della soluzione
farmacologica hanno imbrogliato le carte per anni, sostenendo in totale mala fede l'equazione "psicofarmaco = scienza", e tutto il resto quindi non vale nulla. Abbiamo smascherato questa bugia, traducendo in italiano centinaia di ricerche scientifiche sull'argomento, pubblicate sul nostro portale http://www.giulemanidaibambini.org
Noi comunque ci occupiamo di fare informazione, non di indicare "soluzioni alternative", prova ne sia che riceviamo migliaia di lettere da genitori che ci chiedono di indicargli uno specialista che non usi psicofarmaci ma mai l'abbiamo fatto, non vogliamo "consigliare amici", non desideriamo cadere anche noi nella trappola del conflitto d'interesse come le nostre controparti: noi diamo informazioni sul problema, dati scientifici resi in linguaggio divulgativo, poi i genitori scelgano in totale liberta'.
D - Tuttavia e' opinione comune che lo psicofarmaco –ancorche' rischioso– agisca quasi immediatamente, mentre altre soluzioni terapeutiche sono magari efficaci, ma solo nel lungo periodo.
R - Intanto bisogna valutare qual e' il prezzo a medio-lungo termine di quest'effimero sollievo. E poi la scienza nuovamente ci e' d'aiuto per smascherare le bugie, i luoghi comuni, le teorie spacciate per verita' assolute: non sono pochi gli studi che hanno provato che dopo alcuni anni di terapia i farmaci utilizzati per l'ADHD non sono piu' efficaci della terapia comportamentale. Il National Institute of Mental Health (NIMH) ad esempio ha osservato 600 minori con ADHD. Lo studio concluse che -prendendo a campione un solo anno- il trattamento farmacologico -o la combinazione di trattamento farmacologico e terapia comportamentale- agivano meglio che non la sola psicoterapia. La stessa analisi su tre anni di follow-up ha indicato pero' che i farmaci "non hanno un effetto benefico" se confrontati con la sola terapia comportamentale, ed addirittura che il loro impatto potrebbe essere negativo a causa degli effetti collaterali, e che comunque "non sono stati osservati benefici dalla combinazione di farmaco e trattamento comportamentale rispetto alla sola terapia psicologica". Il co-autore dello studio, il Professor William Pelham dell'Universita' di Buffalo, ha dichiarato che "non ci sono particolari indicazioni positive per il lungo periodo circa l'assunzione dello psicofarmaco piuttosto che non assumere alcuno psicofarmaco", e che gli analisti avevano sopravvalutato l'impatto positivo dei farmaci nella prima fase dello studio. Chissa' come mai gli 'sponsor' dello psicofarmaco si "dimenticano" sempre di citare questi dati, ed anche le rare volte che li citano –e penso in questo caso all'Istituto Superiore di Sanita'– non li traducono poi in fatti applicandoli nelle proprie linee guida.
D - Molti, moltissimi soldi in gioco, quindi, al punto da far passare l'etica in secondo piano?
R - Forse si'. E' uno dei business del futuro, anzi, gia' del presente, che solo grazie un'attenta e faticosa opera di vigilanza sta venendo in parte contenuto nel nostro Paese. Il dibattito sull''epidemia' di ADHD si e' infuocato anche sulle piu' prestigiose riviste scientifiche. 'Nature' ha pubblicato un intervento al vetriolo sugli interessi economici che si nascondono dietro al boom di diagnosi e trattamenti di questa presunta patologia pediatrica. Steven Rose, del Department of Life Sciences della Open University, ha attaccato alcuni colleghi dicendo: "Se non ci rendiamo conto che viviamo nel mondo reale e qual e' la situazione nella quale questi psicofarmaci vengono venduti, acquistati, prescritti e somministrati, allora ogni dibattito di natura etica sara' sempre senza senso. La presunta incidenza dell'ADHD e' un po' troppo 'ballerina': meno dello 0,1 per cento in Gran Bretagna prima del 1990, e ora tra l'1 e il 5 per cento, elevatissima in Australia e Islanda, bassa in altri Paesi. Sono diagnosi spesso discutibili, le evidenze sono carenti. E intanto le vendite di farmaci a base di metilfenidato solo in Gran Bretagna sono passate dalle circa 2000 confezioni del 1991 alle circa 300.000 di oggi. Fa pensare che ci sia sotto qualcosa di piu' della moda, o no?". Considerazioni sagge e realistiche, queste di Rose.
D – Si', certo. A proposito dell'incidenza di questa presunta malattia sul territorio italiano le discussioni sono accese. Voi avete dati precisi?
R - I dati sono quelli ufficiali delle varie ricerche, e fanno inorridire solo a citarli: uno studio condotto in due regioni del centro Italia ha evidenziato una prevalenza pari al 3.6%; un altro studio con i pediatri della citta' di Torino ha dato una prevalenza del 2,52%; uno studio del 2002, lo 0,43%; uno studio, condotto nelle scuole di Firenze e Perugia, ha individuato un 3,8% di casi; a Roma sono stati condotti due studi pediatrici, nel 1999 e nel 2003, nel primo la prevalenza e' stata del 1,51%, nel secondo lo 0,91%; lo studio di Cesena del 2003 -condotto dai servizi territoriali su una popolazione di 11.980 soggetti di eta' compresa tra 7 e 14 anni– ha dato una prevalenza di disturbi dell'1,1%, e potremmo citare molti altri dati contraddittori. Ma e' scienza o e' una lotteria?
D - In occasione della Giornata Mondiale dell'Infanzia delle Nazioni Unite, il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napoletano ha insignito "Giu' le Mani dai Bambini" della "Targa d'Argento" come riconoscimento alla vostra attivita' ed ai meriti sociali della vostra campagna di sensibilizzazione. Come avete appreso la notizia?
R - Tramite una lettera dello stesso Presidente. Un'emozione indescrivibile per tutti i volontari coinvolti in questo progetto, un onore grande ed inaspettato. Anche un peso in termini di responsabilita', che non vogliamo e non dobbiamo deludere. La nostra e' una campagna di vigilanza e di denuncia anti-abuso, ma dai forti contenuti culturali: la nostra azione mira soprattutto a far riflettere noi adulti sulle modalita' di interazione con i piu' piccoli, e sul tipo di mondo e di societa' che stiamo per lasciare in eredita' ai nostri bambini. Forse sbaglio, ma mi azzardo ad immaginare che sia stato quest'aspetto a sollecitare l'attenzione del Presidente della Repubblica, prima ancora che non gli aspetti squisitamente 'clinici' del nostro lavoro.
D - Perche' ha scelto di dedicarsi a questa battaglia?
R - Un gruppo di amici ha detto 'NO' a qualcosa che ci piaceva poco, ed ha deciso di non stare a guardare e di fare qualcosa al riguardo, perche' non basta indignarsi, se poi non si passa all'azione. Siamo tutti fermamente convinti della necessita' di continuare a promuovere questa battaglia. Lo dobbiamo ai tanti Marco, Giovanni, Luisa, Angela che in qualche modo proteggiamo senza che neanche loro lo sappiano, ed al sacrosanto diritto di questi bimbi ad essere "diversi".
Grazie per l'intervista a Voi di Aduc.
Parisi - grazie molto alle sue informazioni dottor Poma.
di Giuseppe Parisi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento